Sopra : un’immagine di una campagna Barilla fatta con Spotify.
Per capire meglio le tendenze segnalate dall’articolo qui sotto puoi leggere : L’Orèal : punta alle personalizzazioni, come Coca-Cola e la GDO americana, e a vendite online al 50% nel 2023.
Sui beni di largo consumo leggi anche : Largo consumo : incremento degli investimenti in marketing o Ferrero e Barilla i marchi italiani più forti, ma i brand made in Italy del food sono fuori dalla top 10 mondiale (*).
Un caso interessante recente di vendita diretta delle grandi marche del largo consumo è l’apertura, in Belgio, della più grande food court d’Europa”, con il patrocinio di AB In Bev (birra. Ovviamente si tratta solo di un esempio, ce ne sono molti altri, da Barilla, a Ferrero, a Rana, a Mondelez, che hanno tutte aperto ristoranti e /o bar).
Per la fidelizzazione e gli abbonamenti nella GDO leggi : Albertsons lancia un programma di fedeltà simile a quello di Amazon Prime ma anche Dopo le catene americane anche le insegne francesi della GDO imboccano la strada dell’abbonamento e dei club
Dalle lamette alla pastasciutta, il mondo si abbona anche ai beni di consumo
Cresce la tendenza dell’acquisto ricorrente: ogni famiglia europea spende in media 130 euro, non solo per film e musica. In Italia gli esperimenti di Barilla, Scotti e Illy
di: Sara Bennewitz
11 Agosto, 2021
MILANO – Senza rendercene conto siamo passati da comprare cose a consumare servizi.
Secondo il broker indipendente Bernstein, in Europa le famiglie spendono in media 130 euro al mese, ovvero il 5% del budget delle spese di casa, per comprare abbonamenti di intrattenimento o uso comune.
Vale per i contenuti della tv, la musica, il software, i giochi, ma anche le lamette da barba, la frutta fresca, il caffè, e un pacchetto assortito di prodotti di bellezza coi colori di stagione. Una tendenza che è andata crescendo con la pandemia, e in realtà un modello che già era molto in voga negli anni settanta e che sta tornando di moda grazie alla spinta dei produttori nei confronti dei consumatori. L’obiettivo: coinvolgere il consumatore con un servizio periodico.
Intere industrie hanno cambiato modello di business. Altre ci stanno arrivando come Procter & Gamble (che consegna a casa ogni mese in abbonamento pannolini Pampers e le lamette Gillette), virando da un modello Dtc (Direct to consumer). Si può prendere in affitto la macchina, l’aspirapolvere e una serie di elettrodomestici con una formula tra leasing e assicurazione che ci permette di non doverci preoccupare se si rompono.
Se Nestlé è stata pioniera nella consegna a casa dell’abbinamento delle capsule, Illy ha subito emulata il modello. Un grande successo l’ha riscosso poi il cibo per animali domestici: qui sono stati più bravi i negozi nati online come Chewy.com rispetto ai vari marchi che fanno Monge o Purina (Nestlé).
Secondo la Subsciption Trade Association durante il lockdown la moda di comprare forniture periodiche nel mondo è salita a 650 miliardi di dollari nel 2020 tra servizi di intrattenimento e merci, una cifra che nell’arco di cinque anni è destinata a triplicare a 1,5 trilioni nel 2025 con una crescita del 18% all’anno.
Ora invece, anche i negozi che avevano un’offerta solo fisica come i supermercati, stanno iniziando a cambiare modello con il progressivo dilagare di Amazon.
In Inghilterra durante il lockdown il 22% degli esercenti al dettaglio ha sviluppato una formula su abbonamento (con un forte prevalenza sul cibo dove spopolano Ocado e Morrison) aggiungendosi a quel 28% che già ce l’aveva.
“In Italia la spesa media delle famiglie per gli abbonamenti è di poco inferiore rispetto a Uk e nord Europa ma è diverso il tipo di beni che consumiamo – spiega Enrico Cosio, partner di Deloitte ed esperto del settore – noi spediamo di più per intrattenimento, ma facciamo la spesa nei negozi di prossimità prediligendo i prodotti freschi.
Una tendenza che è destinata a cambiare, perché il consumatore italiano con il lockdown ha provato la comodità della spesa al piano, dell’acqua minerale. Ora tocca alle insegne dei supermercati iniziare a proporre un’offerta interessante prima che Amazon conquisti i clienti. Intanto anche i grandi marchi dell’alimentare come Barilla, Scotti e Illy stanno iniziando a lanciare le loro formule in abbonamento“.
Secondo la società di software Zuora nel mondo il 78% degli adulti nel 2020 ha almeno 3 abbonamenti: cifra che sale all’89% in Cina, e si piazza all’82% in Italia (era il 73% nel 2018), dove la penetrazione dei servizi su abbonamento è allo stesso livello degli Usa (82%).
Ma sono tanti i beni che la gente inizia a comprare con scadenze regolari: non solo è più economico, ma quando l’offerta è facile è un modo per togliersi il pensiero e guadagnare un cliente a vita. Un servizio che vale per il toner per la stampante, ma anche i prodotti per la barba da uomo e le creme di bellezza da donna, i giornali e i magazine, perfino per la Coca Cola, oramai ci si può abbonare a tutto.
Intere aziende hanno cambiato pelle, Walt Disney chiudendo i parchi gioco si è buttato con successo sullo streaming, lanciando online anche i film che aveva riservato al cinema (Mulan e Soul), e entrando in causa con Scarlett Johansson per la distribuzione dell’ultimo film della Marvel, La Vedova Nera, per due volte rinviato nei cinema e infine lanciano online.
Sui contenuti e le piattaforme c’è poi un proliferare di offerte. In Italia Tim insieme a Dazn sta per sconfiggere il dominio di Sky, Mediaset con Infinity ha provato a ritagliarsi una sua nicchia tra colossi come Amazon Prime e Netflix. Il risultato è che per il consumatore c’è l’imbarazzo della scelta, i prezzi sono scesi e qualcuno teme che in futuro ci saranno meno biglietti del cinema venduti.
Chi ha trovato la formula vincente, dopo anni di crisi è il mondo della musica, lo dimostra la parabola di Universal Music, valutata 3,7 miliardi 15 anni fa, nell’ultimo biennio è stata valutata 30 miliardi dal colosso cinese Tencent, e ora 35 miliardi dal finanziere americano Bill Ackman.
Secondo Bernstein nel 2020 gli utenti di musica in streaming sono cresciuti a 443 milioni,(dai 341 milioni del 2019) per un totale di 10 miliardi di dollari, e pari al 46% del giro d’affari delle etichette musicali.
Ma Bernstein stima che nel 2028 il giro d’affari dello streaming triplicherà a 30 miliardi di dollari, mandando in pensione anche i cd con buona pace di chi ancora, a differenza dei millennials e della generazione z, un disco ama possederlo oltre che ascoltarlo.
(*) tra le tante cose vi si legge : “tolti i pochi pesi massimi dell’industria alimentare tricolore, quindi, gli altri brand italiani fanno molta fatica ad affermarsi a livello internazionale. Per crescere, la maggior parte dei nostri marchi con ambizioni internazionali dovrebbero investire meglio nel rafforzamento e riconoscibilità delle proprie marche”.
Pubblicato il 21 agosto ed aggiornato il 9 settembre 2021



