Redatto il 25 agosto 2023, aggiornato il 19 aprile 2025
In fondo a questo articolo troverete vari aggiornamenti, l’ultimo, che da molte speranze, è che è in arrivo, in Italia, un decreto per limitare l’inquinamento da Pfas dell’acqua potabile
- Avevo scritto : L’Europa lancia un piano per i PFAS , cosa sono e perchè la cosa ci riguarda da vicino : inquinata la falda del Veneto
Ftalati, bisfenoli, PVC, parabeni, eteri glicolici, ritardanti di fiamma bromurati, composti perfluorurati (PFAS)…
Questi cosiddetti inquinanti “quotidiani” sono ovunque: giocattoli, biberon, ciucci, imballaggi alimentari, abbigliamento, mobili, dispositivi elettronici, cosmetici , vernici, prodotti per la pulizia. In totale, diverse migliaia di prodotti tossici saranno banditi nei prossimi anni.
Vi anticipo alcune mie considerazioni:
I PFAS sono ovunque, anche nella carta igienica.
Nel primo allegato sotto, che parla di tabacco e zucchero, manca sicuramente l’industria del petrolio che, per decenni, ha saputo di essere alla base del cambiamento climatico non solo ha negato l’evidenza ma ha fatto controinformazione. Ora, dopo la crisi energetica generata dalla guerra in Ucraina, sta reinvestendo pesantemente nel petrolio e nel gas.
L’Europa, nonostante la pericolosità dei PFAS, sembra stia facendo retromarcia: si può leggere tutta la storia nel terzo allegato, in fondo all’articolo.
In Veneto : lo studio epidemiologico sull’impatto della contaminazione da Pfas era pronto per partire, nel 2018, ma fu bloccato per decisione politica. L’accordo tra Iss e Regione Veneta indicava anche una previsione di co-finanziamento, approvato da Iss mentre la Regione Veneta non lo ha mai sottoscritto.
I PFAS sono presenti nella maggioranza dei campioni di acqua potabile in Italia e in Francia e si pone quindi il quesito fondamentale : Acqua in bottiglia o di rubinetto? – Fondazione Guido Venosta
Più preoccupante la situazione europea dove la lobby della chimica rallenta nuove normative, non più “di moda” (ma ricordiamoci che i Pfas sono cancerogeni).

Come il tabacco e lo zucchero, anche nel campo della produzione delle sostanze perfluoroalchiliche, i famigerati Pfas, ci sono stati reiterati comportamenti truffaldini da parte delle aziende produttrici.
Le quali, come quelle che vendevano sigarette e bevande zuccherate, disposte a tutto pur di continuare a incrementare le vendite, hanno consolidato abitudini che sarebbe stato poi complicato scardinare e hanno continuato a tenere nascosti dati molto preoccupanti, negando al tempo stresso che quelle 15mila sostanze, considerate perenni, potessero rappresentare un rischio per la salute umana.
Ma, come avvenuto per gli altri due ambiti, anche per gli Pfas è arrivato il momento della verità, dopo anni di polemiche roventi, cause legali, libri e perfino film che andavano tutti nella stessa, inequivocabile direzione: quella di effetti nocivi sempre più difficili da nascondere e negare.
I ricercatori dell’Università della California di San Francisco hanno infatti appena reso noto, sugli Annals of Global Health, un’analisi di documenti rimasti segreti, quasi sempre interni e confidenziali, di due delle principali aziende produttrici di Pfas, i colossi DuPont e 3M, che coprono il periodo dal 1961 al 2006, donati all’università da uno dei protagonisti fondamentali di tutta la vicenda, l’avvocato Robert Bilott, il primo a intentare una causa contro i giganti della chimica e a vincerla. Bilott, sulla cui vicenda è stato realizzato anche il film Cattive Acque, ha dato tutta la documentazione raccolta ai produttori di un documentario, che a loro volta l’hanno donata agli esperti, affinché la analizzassero a fondo, e il risultato è un rapporto dal titolo esplicito: Il diavolo che conoscevano: analisi della documentazione chimica sull’influenza dell’industria nella scienza degli Pfas.
Nello studio si dimostra molto chiaramente come le due aziende fossero in possesso sia di dati epidemiologici, sui dipendenti occupati nelle linee dedicate alla produzione di Pfas, sia di risultati ottenuti internamente su modelli animali, le cui conclusioni erano chiarissime.
L’avvocato Robert Bilott ha messo sotto i riflettori l’inquinamento da Pfas delle acque circostanti uno stabilimento produttivo
Tra i molti elementi emersi, eccone alcuni:
- Già nel 1961 il responsabile del settore tossicologia di DuPont segnalava che il Teflon faceva ingrossare il fegato dei modelli animali a basse dosi e invitava a maneggiare la sostanza con estrema cautela, evitando assolutamente qualunque contatto con la pelle;
- Nel 1970, un rapporto commissionato dalla DuPont a un laboratorio esterno concludeva che il C8, uno degli Pfas più usati, era tossico se inalato o ingerito a dosi molto basse, e in un altro, del 1979, lo stesso laboratorio affermava che alcuni cani erano morti due giorni dopo aver ingerito una singola dose di un altro tra i più comuni Pfas, il Pfoa;
- Nel 1980, DuPont e 3M erano venute a conoscenza del fatto che due delle otto dipendenti incinte che lavoravano al C8 avevano dato alla luce bambini con malformazioni, ma non lo avevano detto a nessuno, donne comprese, e neppure avevano avanzato alcuna ipotesi di un legame; al contrario, pochi mesi dopo avevano dichiarato che non esistevano prove della pericolosità del C8 per il feto. Secondo la DuPont il C8 era stabile e sicuro come il sale da cucina, mentre a fronte di una contaminazione ambientale, nel 1991, l’azienda sosteneva ancora che non c’era alcun pericolo alle dosi rilevate.
Poco tempo dopo, in seguito a una serie di cause intentate tra il 1998 e il 2002, la stessa DuPont aveva sollecitato l’Agenzia per la protezione ambientale americana (Epa) a dichiarare (entro 24 ore) sicuro il Teflon, perché il Pfoa (acido perfluoro-ottanoico) che esso conteneva era una sostanza appunto sicura e bisognava fugare ogni timore dai consumatori.
Poi, nel 2004, la prima battuta d’arresto: l’Epa aveva condannato la DuPont a 16,4 milioni di dollari di multa per non aver reso noti i dati sulla pericolosità del Pfoa: inezie, se si pensa che quell’anno l’azienda aveva guadagnato un miliardo di dollari dagli Pfas. Ma qualcosa, in quel momento, è cambiato (e da allora sono state perse altre cause), al punto che oggi molti Paesi si stanno interrogando su come porre limiti all’utilizzo degli Pfas e come cercare di eliminarli dall’ambiente.
L’Epa, dal canto suo, sembra fare eccezione: i suoi vertici, tutti nominati da Donald Trump e noti per essere, come l’ex presidente, interessati molto più agli affari che alla salute dei cittadini, hanno appena preso una decisione che riporta l’agenzia indietro di decenni. Come riferisce il Guardian, che da anni segue la vicenda degli Pfas con inchieste e reportage, l’agenzia sta consentendo di continuare a produrre contenitori – soprattutto per alimenti – in plastica pieni di Pfas all’azienda Inhance Technologies, che ha seguito le orme di DuPont e 3M mentendo ripetutamente e che è tutt’ora coinvolta in numerose cause e class action. Inhance produce circa 200 milioni di pezzi all’anno e, secondo diverse associazioni ambientaliste e di consumatori, lo fa trattando le plastiche con una vaporizzazione di derivati del fluoro che genera almeno nove diversi Pfas nel tempo, direttamente nella plastica, rilasciandoli nel contenuto: per esempio, concentrazioni elevatissime sono state trovate in contenitori per pesticidi e in generale si ritrovano nelle bottiglie di plastica, al punto che la stessa Epa ha richiesto procedure più controllate. Nel 2022 Inhance ha dichiarato di aver modificato il processo fino ad avere plastiche che rilasciano una quantità trascurabile di Pfas, prontamente smentita da uno studio dell’Università Notre Dame. Ma l’agenzia sembra non avere nessuna difficoltà a permettere che la stessa azienda continui a produrre plastiche che rilasciano Pfas.
Nel frattempo, mentre aumenta la lista di prodotti di largo uso in cui si trovano concentrazioni altissime di Pfas (tra le ultime: le lenti a contatto quotidiane e gli assorbenti), crescono anche gli studi che li associano a effetti negativi sulla salute, come quello sulla fertilità femminile.
Sotto: DuPont e 3M sapevano da decenni che gli Pfas, usati per esempio nella produzione del Teflon, sono pericolosi per la salute

Pfas, risarcimenti per quasi 1,2 miliardi di dollari da tre aziende chimiche
Ansa
Le sostanze per e polifluoroalchiliche, note come Pfas, sono ritenute causa di cancro e di altri problemi di salute e richiedono tempi molto lunghi per essere decomposte
Tre grandi gruppi chimici statunitensi pagheranno quasi 1,2 miliardi di dollari per risolvere le richieste di risarcimento seguite all’accusa di aver contaminato fonti d’acqua in tutti gli Stati Uniti con le dannose sostanze chimiche note come Pfas.
Chemours, DuPont e Corteva hanno dichiarato in un comunicato stampa congiunto di aver “raggiunto un accordo di principio per risolvere tutte le richieste di risarcimento relative ai Pfas nell’acqua potabile” per le aree che servono “la grande maggioranza della popolazione degli Stati Uniti”. Un totale di 1,185 miliardi di dollari sarà destinato a un fondo di risoluzione, con Chemours che contribuirà con 592 milioni di dollari, DuPont che pagherà 400 milioni di dollari e altri 193 milioni di dollari aggiunti da Corteva.
Le sostanze per e polifluoroalchiliche, note come Pfas, sono ritenute causa di cancro e di altri problemi di salute e richiedono tempi molto lunghi per essere decomposte. Dagli anni ’40 sono state utilizzate in un’ampia gamma di prodotti industriali e di consumo, come padelle antiaderenti, moquette, indumenti impermeabili, imballaggi alimentari, cosmetici e articoli per la pulizia. Oltre all’accordo raggiunto dal trio di aziende, Bloomberg ha riportato che il gigante industriale 3M ha firmato un accordo di principio del valore di almeno 10 miliardi di dollari per risolvere altre cause legali relative a Pfas intentate da diverse città statunitensi. All’inizio di quest’anno, l’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti (EPA) ha proposto nuovi standard per limitare i Pfas nell’acqua potabile pubblica, imponendo alle aziende di monitorare sei sostanze chimiche e di ridurne i livelli. La proposta dell’EPA, che sarà finalizzata entro la fine dell’anno, fisserà degli standard nazionali per i Pfas nell’acqua potabile.
Anche 3M è stata oggetto di cause legali per i Pfas in Europa. Nel 2022, l’azienda ha accettato un accordo di 571 milioni di euro con la regione belga delle Fiandre per gli scarichi di sostanze chimiche Pfas intorno al suo stabilimento di Zwijndrecht, vicino alla città belga di Anversa. La scorsa settimana, inoltre, il governo olandese ha dichiarato che avrebbe chiesto un risarcimento alla 3M per i danni causati dalle sue sostanze chimiche nel fiume Schelda occidentale, che sfocia nel Mare del Nord. L’anno scorso, le autorità olandesi hanno messo in guardia dal consumo di pesce, gamberi, cozze e altri prodotti provenienti dalla Schelda occidentale a causa degli elevati livelli di Pfas. A dicembre, 3M ha dichiarato che avrebbe smesso di produrre queste sostanze entro la fine del 2025, alla luce di una regolamentazione più severa.
Nella realtà la situazione di 3M, negli USA (leggi il Wall Street Journal del 30 agosto 2023, sotto), è molto più complicata: probabilmente dovrà pagare una cifra pari a 10 miliardi di $ e subire cause da diversi stati americani per la qualità dell’acqua alterata dai suoi scarichi. Si prevede uno dei contenziosi (litigation) più grandi della storia, forse più ampio di quello in atto contro Bayer per il glifosato.



Sopra: 3M era nostro fornitore di pellicole fotografiche a marchio Esselunga, oltre che fornitore di videocassette e di prodotti di cancelleria (post- it, etc.).
Ma l’Europa si rimangia l’applicazione dei divieti sui Pfas:
l’aggiornamento della normativa Reach è slittato a causa di uno scontro tra due dipartimenti della Commissione europea che stavano lavorando sul testo: quello che si occupa di ambiente, a favore misure più restrittive, e quello deputato al mercato interno, che si opponeva. Un documento legislativo visionato dal Guardian rivela come la Commissione stia considerando tre possibili opzioni, che prevedono rispettivamente una restrizione del 50%, del 10% o dell’1% delle sostanze chimiche pericolose attualmente disponibili sul mercato.
Una fonte interna alle istituzioni europee ha dichiarato al quotidiano britannico che a Bruxelles si è creato “un cambiamento completo nell’ondata di sostegno ai consumatori e all’ambiente”, da cui nel 2020 erano nati il ‘Green Deal’ e la strategia ‘Farm to Fork’, due iniziative che, negli ultimi mesi, stanno perdendo pezzi a causa delle pressioni di vari settori industriali (agroalimentare compreso), con il sostegno di alcuni partiti politici, soprattutto di destra e centro-destra.
Il già citato Partito Popolare Europeo ha proposto infatti una “moratoria regolatoria per rimandare quegli atti che aumenterebbero inutilmente i costi per le aziende … come la normativa Reach”. A queste si sono aggiunte le ingerenze di alcuni capi di stato, come il presidente Francese Emmanuel Macron e il primo ministro belga Alexander De Croo.
Le pressioni più pesanti, però, probabilmente sono arrivate dalla Germania. L’Associazione tedesca delle industrie chimiche (Vci) aveva chiesto chiesto di rimandare il divieto già nel marzo 2022 e lo scorso giugno aveva dichiarato, per bocca del suo direttore Wolfgang Grosse Entrup, che la proposta di vietare gli Pfas avrebbe effetti ‘fatali’ per l’industria tedesca. Secondo dati dell’associazione Corporate Europe Observatory, 11 operatori del settore Pfas tedesco hanno impiegato 94 lobbisti, spendendo un totale di 9 milioni di euro. A Bruxelles, 12 membri dell’industria degli Pfas hanno 72 lobbisti attivi, per una spesa annuale compresa tra i 18 e i 21 milioni di euro.
La riforma della normativa Reach era una delle priorità del vice-presidente della Commissione Frans Timmermans, che nel 2020 aveva dichiarato: “È particolarmente importante smettere di usare le sostanze chimiche più dannose nei prodotti di consumo, dai giocattoli e i prodotti per l’infanzia ai tessuti e i materiali che entrano in contatto con il nostro cibo”. Ora, però, sembra che le promesse della Commissione debbano piegarsi al volere dell’industria, insieme agli interessi e alla salute delle persone
Nota: la normativa Reach è il regolamento dell’Unione Europea del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche.
Sotto : nella piantina dell’Europa si vede il livello di contaminazione (rosso : più forte).

Aggiornamenti:
- Inquinamento. Dai giubbotti ai cartoni della pizza, anche l’Europa ora limita i Pfas (novembre 2024)
- ma la battaglia sui pfas in Europa è appena iniziata Le Monde segnala infatti : La campagna di disinformazione della lobby della plastica per difendere il PFAS (gennaio 2025).
- e liberare l’Europa dai Pfas costerà 100 miliardi di € all’anno, per 20 anni.
- sul teflon, leggi Utensili da cucina – Teflon, plastica, silicone, melamina… Quali materiali dovrebbero essere preferiti? – Suggerimenti – Coro UFC-Que).
- Sull’acqua invece puoi leggere questo articolo aggiornato a dicembre 2024.
- Sulle microplastiche leggi qui.
- Il bisfenolo A bandito dai contenitori per alimenti in Europa dopo una lunga battaglia (Bisfenolo, Pfas e non solo: dai passeggini ai trucchi, ancora troppe sostanze pericolose in vendita nell’Ue)
Sotto : padella senza Pfas



