La conferma arriva dalla Francia : “Le piogge cadute in continuazione hanno sconvolto i calendari. Difficile seminare il grano quando i trattori sono bloccati nel fango. Al momento delle prime stime, il Ministero dell’Agricoltura non può che constatarlo. La dimensione dei campi si è ridotta per effetto dell’acqua piovana.
Nel contempo la Russia, che domina da sempre il mercato, spadroneggerà ancora di più con raccolti record, oscillanti tra 90 milioni e 94 milioni di tonnellate.
![Grano Italia 2024](https://www.giuseppecaprotti.it/2019/wp-content/uploads/Grano-Italia-2024.jpg)
Conclusione:
La Russia,da sempre,vuole il controllo del Bosforo e del grano. Ma sembra che “riprendersi il Mar Nero” (da parte dell’Ucraina) non sia bastato a spostare gli equilibri in questa guerra del cibo che la Russia sta, purtroppo, vincendo.
Ovviamente , tra i protagonisti, delle vicende che riguardano l’agricoltura, c’è sempre anche il cambiamento climatico.
Sulla vittoria economica leggi anche Russia : la maggioranza delle imprese occidentali è rimasta.
Forse se ne sta accorgendo anche Coldiretti che afferma Ue: dazi su grano russo, serve principio di reciprocità.
N. B. ciò sta avvenendo anche con i fertilizzanti : Secondo l’industria, “l’invasione” di fertilizzanti russi a basso costo mette a rischio la sicurezza alimentare dell’Europa.
La crescente dipendenza dà a Mosca una maggiore influenza sulla produzione agricola europea.
![Grano La Gazzetta del Mezzogiorno 19 maggio 2024](https://www.giuseppecaprotti.it/2019/wp-content/uploads/Grano-La-Gazzetta-del-Mezzogiorno-19-maggio-2024.jpg)
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Lo so bene che di navi cariche di grano duro estero ne dobbiamo importare tanto quanto serve per coprire il nostro fabbisogno interno e l’export di pasta.
Con poco meno di 1,3 milioni di ettari e una produzione che oscilla intorno alle 4 milioni di tonnellate, riusciamo a coprire 2/3 del nostro fabbisogno interno. Il resto del grano duro circa 2,5 milioni di tonnellate, lo importiamo dall’estero.
Ma so anche che, se non interveniamo, quello che racconteremo tra qualche anno è che l’Italia per far fronte al fabbisogno interno di grano duro sarà costretta a importare più del 40% di grano, perché nel frattempo è ulteriormente calata la produzione interna di grano duro italiano.
E infatti quest’anno di navi cariche di grano duro estero ne dovremo importare di più. La produzione di grano duro scenderà quest’anno sotto i 3,5 milioni di tonnellate (rischiando di essere ricordata come la più bassa degli ultimi 10 anni) per effetto della riduzione delle superfici coltivate, causata dalla concorrenza sleale di prodotto straniero, e della siccità che ha colpito le regioni del Sud Italia. E’ la prima stima a un mese dal via alla trebbiatura diffusa da Cai – Consorzi Agrari d’Italia.
E’ l’effetto in primis del crollo dei prezzi causato proprio al momento delle semine dall’invasione di grano duro straniero, ridotte dell’11% rispetto all’anno precedente, scendendo sotto gli 1,2 milioni di ettari con punte del 17% nelle aree del Centro Sud, da dove viene circa il 90% del raccolto nazionale. Nel 2023 sono arrivati quasi 900 milioni di chili di grano russo e turco, un’invasione mai registrata nella storia del nostro Paese, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga. Un vero e proprio fiume di prodotto che, aggiunto a quello di grano canadese, ha impattato sui prezzi del grano nazionale. Alla concorrenza straniera si sono aggiunti gli effetti del clima con la siccità che ha ridotto la produzione di grano duro in Puglia con cali tra il 20 e il 30%, mentre in alcune aree della Sicilia si arriva addirittura al -70%.
A rischiare seriamente di soccombere è la nostra cerealicoltura (calo delle superfici coltivate a grano duro di circa 130 mila ettari) perché senza Granaio Italia siamo praticamente disarmati e il nostro Paese è meta libera per importazioni selvagge.
Nessuno vuole tornare a una presunta e ipotetica età dell’oro, in cui ogni comunità è pienamente autosufficiente. Anche perché i cambiamenti climatici in atto non lo consentono.
Ma siamo veramente convinti che il grano, in un modo o nell’altro, ci sarà sempre e comunque?
Pensare a una politica agricola nazionale, oggi sembra contrario alla prassi comunitaria, o addirittura poco giustificato dalle leggi di mercato.
In questo senso, incentivare e sostenere la produzione nazionale di grano duro, non è un richiamo romantico a un passato, ne una questione di sovranità nazionale ma di necessità. Vuol dire tornare a produrre di più per metterci a riparo da eventuali logiche speculative di mercato.
Fonte.