Ho lavorato per Carrefour Brasil nel 1979.
Ho lavorato con Carrefour 20 anni dopo.
Carrefour , che ha inventato il format degli ipermercati, è stata a lungo una grande fonte d’ispirazione per me:
è a Carrefour – e a Coop Schweiz – che ho guardato, ad esempio, prima di lanciare Esselunga bio, perchè Carrefour, per decenni, è stata un’azienda all’avanguardia, un modello anche per mio padre, Bernardo Caprotti.
Ma nel 1999 Carrefour decideva di fondersi con il gruppo Promodès:
amalgamare 100’000 persone con altre 260’000 si rivelava problematico e, dieci anni dopo, i risultati si rivelavano disastrosi.
Negli ultimi anni Carrefour è rimasta in crisi. Soprattutto d’identità.
I problemi sono tanti:
- gli ipermercati che sono un format obsoleto, minacciato dall’e-commerce
- i 289 discount Dia, che deve dismettere e riconvertire
- la crisi argentina che continua a far arretrare le vendite di Carrefour in quel paese.
- le tantissime insegne che si è inventata in questi ultimi anni creano una grande confusione e distolgono il mangement dalle questioni più importanti (es.: prezzi, logistica, gestione di supermercati e ipermercati, etc).
E così, qualche giorno fa, dopo essere stata sorpassata da Leclerc come quota di mercato (21,1% contro 20,3%) il suo titolo è crollato del 13,13%, trascinandosi dietro alcuni titoli importanti della GD tradizionale, come Casino (-5,63%), Colruyt (-3,43%), Metro (-1,82%) e Tesco (-1,62%).
Un parallelo del crollo che hanno avuto i titoli delle aziende distribuzione americane con l’acquisizione di Whole Foods da parte di Amazon, dove paradossalmente il titolo di Walmart se l’è cavata meglio di altri, con un – 1,5%.
Giuseppe Caprotti con Francesco De Marchi, ad di Carrefour Brasil, nel 1979, nel rio Jarì, affluente del rio delle Amazzoni.