“Le risorse umane sono fondamentali per modellare l’azienda e assolutamente determinanti per la mia strategia che mira a fare di Esselunga una vera e propria marca, con qualità uniche fidelizzanti nei prodotti e nei servizi offerti. Con l’esperienza maturata negli Stati Uniti, mi ero reso conto fin da quando facevo i primi esperimenti a Firenze che il cambiamento avrebbe avuto effetti molto importanti sui lavoratori e sul loro coinvolgimento nei vari processi. Rivoluzionando gli strumenti di esposizione, le pubblicità, le promozioni, la gestione del magazzino e i trasporti occorre cambiare anche l’addestramento del personale. La Fidaty richiederà la nascita di un call center, perché dai clienti arrivano un milione di telefonate l’anno. Con l’enorme sviluppo della parte non alimentare e con la nascita del marketing creiamo centinaia di posti di lavoro, cui se ne aggiungeranno altri anche negli acquisti del food e nel controllo di qualità. Il biologico, ad esempio, è un settore molto delicato, dove ci vogliono degli specialisti, che provvediamo a inserire. (…).
la mia regola è passare dall’io al noi. (…)
All’inizio degli anni 2000 coinvolgiamo tutto il personale, sia nel quartier generale che nei negozi, per aiutarci a definire i valori e i principi fondanti dell’azienda. Viene redatto un documento che vede la luce per la prima volta nel 2002 e che viene ulteriormente migliorato nel 2003. Le risorse umane vengono definite come “il pilastro” su cui si basa il nostro successo e si afferma che il lavoro di squadra “è alla base del raggiungimento dei risultati”. (…)
Nel documento vi sono diversi tratti che anticipano quei principi di equità e sostenibilità che oggi le aziende grandi e piccole devono seguire per forza, per non essere penalizzate duramente dagli investitori, dai finanziatori e anche dai clienti. Vi si dice che Esselunga si impegna a sviluppare prodotti biologici ed ecologicamente sostenibili, anche per quanto riguarda gli imballaggi, a costruire punti vendita integrati nel territorio e a basso impatto ambientale (…), a ridurre le emissioni inquinanti, a sostenere progetti sociali e contribuire alla tutela del patrimonio artistico. Non si tratta di principi astratti ma di linee guida che determinano il nostro comportamento. Nel 2002 vengono assunte 3500 persone, il 95 per cento a tempo indeterminato. Il sistema retributivo adottato è ai massimi livelli del settore e vengono attuate politiche di sostegno per i soggetti più deboli, con 50-60 stage l’anno per i portatori di handicap, finalizzati all’assunzione. Sempre nel 2002 vengono dedicate 200.000 ore alla formazione, con un investimento che rappresenta l’1,7 per cento del costo del personale e coinvolge 6000 collaboratori. Decidiamo poi di stabilire dei premi destinati a tutti i reparti operativi, quando nell’organizzazione rigidamente gerarchica precedente si premiavano soltanto i direttori dei supermercati. (…).
I risultati che otteniamo (…) lasciano il segno.
in due anni, dal 2001 al 2003, la quota di coloro che si dichiarano “soddisfatti” o “molto soddisfatti” è salita dal 49 per cento al 72,1 per cento.“ (pp. 198 – 200).
“L’impostazione che cerchiamo di dare riflette (…)
un’idea più moderna del lavoro, essenziale in un’organizzazione con migliaia di addetti: dall’io si passa alla squadra. Ogni mercoledì mattina, alle sette, ci si riunisce con marketing, vendite e acquisti per discutere di assortimenti e promozioni, simulando l’esposizione della merce. C’è estrema libertà di parola, in modo che tutti possano esprimere la loro opinione. Se nascono divergenze, intervengo io. (…)”. (p. 163).
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