Esselunga : gli anni di Giuseppe Caprotti e dei nuovi progetti
Ecco l’articolo trascritto dal link soprastante:
Continua la pubblicazione a puntate del libro (*) “ Esselunga: quale futuro? Analisi dei bilanci di Esselunga. Studio del miglior Retailer italiano visto dietro le quinte” degli autori dott. Andrea Meneghini e dott. Giuseppe Di Napoli.
Con quella di Esselunga, infatti, continua la pubblicazione dei Libri di GDONews che da inizio anno esamina in profondità le performance dei Leader del mondo Retail portando a conoscenza dei più dello stato dell’essere economico-finanziario dei Player della GDO, esaminandone i Bilanci degli ultimi 5 anni e spiegando al lettore le strategie commerciali e la loro storia. A differenza dei precedenti Libri pubblicati, ogni settimana vengono pubblicati due capitoli del libro, uno per autore, che trattano temi molto diversi: Andrea Meneghini si occupa della parte storica e commerciale e Giuseppe Di Napoli della parte finanziaria. Gli articoli sono riservati ai soli abbonati alla rivista. A Dicembre verrà, invece, pubblicato il libro che, in aggiunta ai capitoli pubblicati su questo portale, sarà dotato anche di ulteriori grafici a supporto dei testi.
“L’evoluzione di Esselunga è stata quella di puntare, in anni dove il format Ipermercato doveva essere il futuro della grande distribuzione, sul superstore, ovvero verso un tipo di offerta che avesse un assortimento piuttosto profondo soprattutto nel comparto food ma dove non c’erano grandi digressioni rispetto agli assortimenti determinati per i supermercati.
Il Superstore, a dire il vero, era già la formula su cui Esselunga aveva puntato negli anni ’90 ma fu negli anni 2000 che questo tipo di offerta divenne predominante.
A sostengo della suscritta tesi si riportano due grafici che espongono chiaramente l’evoluzione dei formati e del loro fatturato relativo. Da essi si evince che: al principio degli anni 2000 il format Superstore era già una realtà e pesava il 41,8% dell’intero fatturato. In soli 15 anni la percentuale di fatturato prodotta da questo formato è passata al 76,5% diventando la decisa maggioranza ma soprattutto l’unica forma di offerta possibile. Questo da l’idea della determinazione con cui l’azienda si è rivolta negli anni solo ed esclusivamente a questo tipo di struttura.
GRAFICO SUPER E SUPERSTORE N PDV
GRAFICO SUPER E SUPERSTORE FATTURATO
Gli anni ’90: i grandi cambiamenti
Molti grandi cambiamenti nell’offerta Esselunga si sono verificati negli anni in cui il mercato si trasformava, rendendosi sempre più competitivo : erano gli anni ’90, e la Grande Distribuzione italiana era nel mezzo di una profonda evoluzione.
Da un lato il format Ipermercati era il punto di arrivo di tutte le strategie dei principali players, italiani e stranieri. Furono gli anni del protagonismo di aziende che erano arrivate in Italia acquisendo storiche organizzazioni (ad esempio Auchan con Rinascente) che già erano orientate ai grandi formati, oppure organizzazioni che arrivarono in Italia trasformando aziende non proprio votate a questa offerta (Carrefour con GS); ma anche gli anni di profonda trasformazione di aziende che cambiano tipo di offerta concentrandosi principalmente sugli Ipermercati (su tutte Coop Italia). Il Supermercato perdeva quote tutti i mesi, la superette ancor di più, e gli Ipermercati rappresentavano il vero “eldorado”. In quello stesso periodo entravano sul mercato i Discount, ed anche Esselunga tentò l’esperienza con una partecipazione dentro Penny Market, ma terminò molto presto. Era un periodo di grande crescita, nel settore, e di rapida saturazione. L’offerta di Esselunga era sotto attacco dall’alto, con le grandi esperienze che si potevano vivere frequentando gli Ipermercati, con profondi assortimenti ed all’inizio prezzi molto competitivi. Ma era sotto attacco anche dal basso con l’entrata sul mercato dei Discount che, di fatto, attraevano le fasce di reddito più basse. Esselunga aveva una sola scelta: puntare sulla qualità e sulla diversificazione.
Di fatto il mercato si rendeva sempre più competitivo ed Esselunga, da sempre molto forte nelle due Regioni su cui ha sviluppato molto fatturato, doveva correre ai ripari.
Il cambio generazionale
Giuseppe Caprotti
Intorno alla metà degli anni ’90 arrivò alla dirigenza dell’azienda (dapprima come direttore commerciale e marketing, poi alla Vice Presidenza ed infine alla Direzione Generale) Giuseppe Caprotti. Il figlio del grande Bernardo, dopo anni di studi alla Sorbona di Parigi e di gavetta alla Dominick’s di Chicago (catena distributiva delle dimensioni di Esselunga), arrivò in azienda e si occupò inizialmente di no food alla fine degli anni ’80. Occuparsi di No Food significava partecipare alla nascita di quello che sarebbe stato il formato di Esselunga sino ai giorni nostri, ovvero il Superstore. Fu fondamentale l’esperienza americana sia per metodo nell’approccio ai mercati del No Food ma soprattutto per il format Superstore, di cui fu grande ispiratrice. Dopo qualche anno arrivò alla carica di dirigente ed iniziò il nuovo corso dell’azienda.
Il cambio generazionale arrivava in tempo perfetto, in un momento dove il mercato stava cambiando e dove erano necessarie nuove idee (e nuove energie) per affrontare il futuro. In quegli anni il grande Bernardo Caprotti si dimostrava ancora una volta molto lungimirante: non ha trattato il figlio da ragazzo viziato che passa da grandi “sbornie” all’Università ai vertici dell’azienda senza passaggi intermedi (come talvolta capita ai giovani rampolli), al contrario, quella di Giuseppe Caprotti fu una lunga gavetta ed una accurata formazione in grado di portare al vertice di Esselunga un uomo di famiglia, preparato a dovere e con esperienze internazionali di assoluta rilevanza.
bio
Ed in effetti l’azienda iniziò un nuovo cammino: tra le diverse attività del nuovo corso non si può non annoverare la nascita della linea BIO, che entrò nel mercato italiano prima di tutti, battendo sul tempo Coop e dando una lettura dell’assortimento avanti di almeno venti anni rispetto a quello che era il percepito del consumatore dell’epoca. Fu un “azzardo”, probabilmente costoso nell’immediato (e forse anche nel medio termine), ma era una direzione che andava presa per distinguersi, per diventare sempre di più un riferimento di originalità assortimentale, completezza ma soprattutto qualità. In questo aspetto, che ha sempre distinto l’azienda, il BIO diede una spinta definitiva all’offerta. La piazza di Milano era perfetta per recepire, in quegli anni, questo tipo di assortimento. Erano ancora gli anni del dominio delle Grandi Marche, dove la Private Label occupava un ruolo marginale nel percepito dei consumatori, e soprattutto era ancora legata ad una idea di risparmio. Esselunga, con l’introduzione del BIO nella PL, andava contro ogni regola, puntava a dichiararsi matura al punto di inserire in alternativa alle Marche un suo prodotto con una chiara vocazione salutistica e quindi con prezzi decisamente sostenuti, difendendo un concetto allora piuttosto esclusivo: la salute ed il mangiar sano. Non potevano e non dovevano essere i fatturati a dichiarare la vittoria di quella scelta, ma la prospettiva a futuro che la medesima indicava. Oggi, nel 2015, il tema del BIO più che essere attuale è addirittura superato dagli eventi. Nel mondo ed in Italia esistono negozi specializzati, con assortimenti dedicati al 100%, la medesima Coop ne ha fatto un suo cavallo di battaglia ma nulla e nessuno può dire che la prima a credere in un progetto così rilevante ed ambizioso fu Esselunga, ed ancora oggi rimane la più credibile su questo segmento di offerta.
la carta fidaty
Un altro progetto del nuovo corso fu la carta fedeltà, la Fidaty. Oggi la dottrina del CRM e della fidelizzazione è addirittura sotto l’attacco degli addetti ai lavori, per l’uso smodato che si è dato a questo ramo del marketing, ma 25 anni fa era un concetto rivoluzionario nella GDO italiana. Il marketing non è mai stato il punto di forza del mondo Retail italiano, e continua a non esserlo, ed all’inizio degli anni ’90 il concetto di fidelizzazione non era così necessario: c’era spazio per tutti. Fu proprio in quel periodo, come già scritto a più riprese, che la competizione si fece più agguerrita, e si resero necessarie alcune strategie rivolte ad utilizzare degli strumenti di attrazione che fossero diversi dai prezzi a scaffale e dalle posizioni favorevoli degli stores.
In quel periodo il mercato Retail americano stava arrivando alla saturazione e le crescite a due cifre andavano esaurendosi. I programmi di fidelizzazione, già in auge in altri mercati (tra tutti quelli delle compagnie aeree), erano negli anni ’80, gli strumenti su cui si cimentavano diverse catene Retail per arginare l’eccesso di offerta e la competizione dei prezzi. Era l’America reaganiana, cresceva e generava soldi e consumi. La necessità di fidelizzare partiva dallo studio delle abitudini del consumatore, e dalla capacità di saperlo comprendere nei suoi istinti irrazionali che, di fatto, determinavano i comportamenti di acquisto. Sia l’industria che la distribuzione americana hanno fatto capolavori strategici su questo campo, e per tale ragione era il luogo perfetto per apprendere un metodo di lavoro.
Ed infatti Esselunga iniziò il suo programma di fidelizzazione prima di tutti grazie alla conoscenza che la famiglia Caprotti aveva del mercato statunistense. E furono sempre i giovani (Giuseppe ma anche la sorella Violetta) che intrapresero quel cammino. In pochi anni il tasso di fedeltà divenne altissimo, basti pensare che nel 2004 le vendite effettuate verso clienti Fidaty raggiungevano già il 90,8% (una cifra impressionante solo 11 anni fa), ed oggi è arrivata al 94,5%.
Attualmente sono attive circa 5300 carte ed il cliente Esselunga spende mediamente circa 1600€ annui utilizzando la carta, circa il 70% in più rispetto alle carte fedeltà dei concorrenti. Secondo Nielsen la carta Fidaty, ancora oggi, presenta in assoluto il più alto tasso di fedeltà.
Esselunga a casa: l’E-Commerce di Esselunga
Nel 2007 entrò sul mercato mondiale l’Iphone e subito dopo fu la volta dell’Android. Fu l’esplosione del web e più in generale di un nuovo modo di vivere. L’E-Commerce è ancora oggi una “cosa sconosciuta” sul mercato del food in Italia, ma solo ed esclusivamente per nostra arretratezza, non tanto del consumatore che invece sarebbe già preparato, quanto di chi dovrebbe saper offrire questo genere di servizio. Nella vicina Francia l’E-Commerce nel food oggi vale già il 5% del mercato e cresce a due cifre ogni anno: si sono cimentati in questo mercato tutti i principali players d’oltralpe al punto che esistono 3000 punti di vendita Click&Drive contro 2000 Ipermercati fisici esistenti , e siamo nel Paese degli Iper. In Italia c’è un piccolo gruppetto nel varesotto che prova a cimentarsi in questa offerta, esiste Coop che la applica ma quasi non lo dice al consumatore, e poi c’è Esselunga che ha anche un servizio di consegna domicilio ma che non fattura come dovrebbe e potrebbe. Eppure “Esselunga a casa”, il programma E-Commerce di Esselunga esiste dal 1999.
Anche per Esselunga a Casa, come era avvenuto per i Superstore o per la Fidaty, venne trovata l’ispirazione negli Stati Uniti.
In quel periodo internet era ancora un oggetto sconosciuto ai più, Google non era ancora il gigante che rappresenta oggi e soprattutto non esistevano gli smartphone, ma Esselunga era già presente su questo tipo di offerta. Investì tempo e denaro in un progetto che era ancora più all’avanguardia del BIO e si cercò di dargli un vasto respiro: addirittura si tentò di aprire una strada anche verso quei consumatori che con i negozi fisici erano irraggiungibili, come ad esempio i cittadini di Genova, piazza ancora oggi off limits per l’azienda di Caprotti, per orribili giochi politici.
Lo scrivente non conosce in profondità i conti aziendali di quell’esperienza in quegli anni, ma ad intuito presume che fu “un bagno di sangue”. Ma, come nell’esempio del BIO e come nell’esempio della Fidaty, hanno reso Esselunga diversa da tutte le aziende concorrenti, molto più moderna, le ha dato immagine e qualità e soprattutto le ha permesso di continuare ad essere leader, anche nel 2015, in un mondo totalmente differente, dopo 7 anni di crisi economica devastante e dopo la morte di diverse aziende che un tempo erano acerrime concorrenti, e dove la “odiata” Coop, sebbene favorita dalla legislazione, ha dovuto cambiare tutte le sue regole ed i suoi equilibri che per sopravvivere e rimanere sul mercato.
E’ vero che Esselunga fu un’azienda eccellente anche prima dell’arrivo della seconda generazione.
E’ vero che Esselunga ha continuato ad essere eccellente anche dopo l’uscita della seconda generazione.
Ma è altrettanto vero che Esselunga ha continuato ad essere eccellente anche, e talvolta soprattutto, alla modernità che coinvolse l’azienda in quegli anni difficili ma entusiasmanti”.

(*) Ho conosciuto Andrea Meneghini nel 2011 a Brescia, all’inaugurazione di un locale.
Su questo sito trovate anche:
“Esselunga, gli anni della crisi e il futuro”
Esselunga e il suo ciclo di vita: crepe sul servizio. episodi singoli?
Credo che il pezzo “sugli anni di Giuseppe” sia la continuazione di un articolo sui bilanci del 2003 di Esselunga.
Su quei conti ho già detto molto in
“Esselunga, il risultato operativo del 2003 a confronto con quello del 2013″.
Non ho altro da aggiungere in merito.



