“Il dramma è che la GDO rischia di finire sul banco degli imputati senza alcuna colpa” scrive Mario Sassi (leggi sotto).
Noi, invece crediamo che la gdo non abbia colpe ma tante responsabilità, che non vuole assumersi.
La gdo italiana non vuole crescere ed i risultati , disastrosi, sono sotto gli occhi di tutti.
In Francia, ad esempio, in questa fase drammatica, con i prezzi alle stelle, il governo è coinvolto.
Qui non lo è, perchè la distribuzione non vuole avere un ruolo politico.
Su una cosa Mario Sassi ed io siamo d’accordo : “così non si va da nessuna parte”.
Dopo l’articolo di Mario Sassi trovate la mie note conclusive.
16 GENNAIO 2022 DI MARIO SASSI
Grande Distribuzione e inflazione. In attesa della tempesta perfetta.
Quando gli elefanti litigano è sempre l’erba ad andarci di mezzo.
Proverbio Africano
Il CEO di Conad ci aveva provato. In autunno ai primi segnali provenienti dall’industria alimentare ha buttato lì la proposta di affrontare il tema insieme all’industria prima che la palla di neve si potesse trasformare in una valanga. Non so con quanta convinzione vista l’abitudine a muoversi in ordine sparso delle insegne nel comparto.
Costi, margini e prezzi finali al consumatore sono vasi comunicanti. La sostanziale lunga stabilità della fase precedente al Covid e l’incertezza sui tempi che si prospettavano avrebbero consigliato grande cautela nel trattare la materia. Probabilmente, nelle intenzioni di Federdistribuzione, Coop, Conad e Centromarca, c’era questa preoccupazione quando, poco dopo, hanno scritto una lettera a Mario Draghi, Presidente del Consiglio, per aprire un tavolo di lavoro istituzionale sui rincari dei prezzi delle materie prime (https://bit.ly/3I2OOfq). Individuata come la strada maestra si è però rivelata un vicolo cieco. Nessun tavolo è stato convocato. Nessuno incontro risolutivo è mai stato previsto. Almeno fino ad oggi.
L’assenza di una azione incisiva e comune del comparto del commercio nel suo insieme ha però determinato l’inevitabile fuga in avanti di alcune insegne. Ha cominciato MD del cav. Podini a lanciare segnali di guerra nei confronti dell’industria, seguita da Esselunga, Iperal e altri che hanno messo sul tavolo le loro carte con operazioni sempre più aggressive di marketing per bloccare gli aumenti, anticipare le mosse dei concorrenti e schiacciare l’occhio ai propri clienti. Tattica eccezionale che ha avuto un buon effetto mediatico e lasciato i competitor al palo.
Mossa utile se usata come arma tattica, limitata nel tempo e contemporaneamente in grado di far accendere i riflettori sul tema da parte della politica aprendo così ad un intervento equilibratore di sostegno per l‘intero settore. Debole, sul piano strategico se si esaurisce non costringendo i decisori alla riflessione e non li impegna in un’azione correttiva.
L’opinione prevalente quanto superficiale è che la GDO sia ancora ben in carne e pronta a fare qualche sacrificio senza doverlo scaricare necessariamente sul consumatore finale. Il comparto fatica a trasmettere un’immagine realistica e quindi non riesce proporsi come lobby credibile. Qui sta il punto. Nell’immaginario della politica ci sono solo le singole insegne. Non il comparto in sé, le sue dinamiche e l’indotto che crea. Ed è così per una buona fetta dell’opinione pubblica che spesso critica la GDO in generale pur apprezzando l’insegna che frequenta.
Nel confronto con il Governo e la politica in generale l’interlocuzione settoriale non ha mai pari ascolto. Alcuni sono più uguali degli altri. Come ci racconta George Orwell nella Fattoria degli Animali. Farmacie, balneari e tassisti restano irraggiungibili. Al momento giusto, una “manina” compie il miracolo garantendo loro prerogative e interessi consolidati. Banche e assicurazioni sono fuori portata. L’intero settore pubblico gode di attenzioni elettorali e l’industria, seconda manifattura d’Europa e parte fondamentale nelle filiere produttive internazionali non vuole essere da meno. Oggi è fortunatamente in ripresa e necessità di risorse adeguate. Non certo contrastata.
Resta ai margini l’intero terziario di mercato con le sue rispettive rappresentanze. La crisi energetica e l’aumento delle materie prime colpisce però tutte le imprese, industriali o meno, e favorisce spinte inflazionistiche. La pandemia e i tentativi di contrastarne gli effetti, non solo in Italia, suggeriscono alla politica di negarne i rischi inflazionistici sul lungo periodo confinandoli nelle conseguenze transitorie e destinati ad essere riassorbiti. Purtroppo non sarà così. E nel frattempo il Governo dovendo scegliere le priorità è concentrato sulle famiglie.
Le imprese però restano al palo e il clima si surriscalda. Nel frattempo le risorse economiche da trovare nelle pieghe del bilancio o ipotizzate in arrivo dal PNRR rischiano di esaurirsi in mille rivoli.
E così siamo arrivati ad oggi. La pressione dell’industria aumenta, i toni si accendono, la politica, tace. Le crepe nelle trincee si mostrano con evidenza. Il messaggio è chiaro. Gli aumenti in arrivo sui consumatori finali non riguardano il Governo. Semmai qualche ministro si presterà ad ascoltare le lamentele della categoria. Per pura cortesia. Le risorse attivabili scarseggiano e, per il momento, non coinvolgeranno le imprese.
Un po’ di inflazione, lo dico maliziosamente, può pure servire per tenere sotto scopa il nostro debito. E poi se i prezzi dovessero aumentare anche l’IVA contribuirebbe a dare respiro alle entrate. La “non risposta” alle richieste di incontro delle associazioni di categoria rischia di essere dunque la risposta. Il messaggio è chiaro. Vedetevela tra di voi.
E le associazioni? Confindustria ha un diavolo per capello. Non può attaccare Draghi e il suo Governo ma ritiene profondamente sbagliato quello che si è fatto sul fisco. Quindi si sente in credito e non ha nessuna intenzione di far ingoiare alle sue imprese gli aumenti dei costi delle materie prime o pregiudicarne la ripresa. Alcuni imprenditori del settore prefigurano rischi di blocchi nei rifornimenti o addirittura chiusure di d’attività.
Confcommercio è inchiodata sull’entità dei ristori alle sue categorie travolte dalla nuova ondata. Federdistribuzione e le altre non sono della partita perché non possono esserlo. Restano così le interviste e i dati degli uffici studi. Più rivolti alla platea interna che in grado di incidere nelle decisioni politiche.
Il marketing delle singole imprese e le promesse vane, nulla possono quando il gioco si fa duro sul serio. Il dramma è che la GDO rischia di finire sul banco degli imputati senza alcuna colpa. Solo per manifesta inferiorità nella partita in corso. L’ultimo colpo basso lo hanno piazzato le farmacie e le loro manine ministeriali neutralizzando il ruolo potenzialmente importante della GDO nella lotta al Covid. Carlo Cottarelli se ne è accorto e lo ha denunciato con forza ma la cosa è passata praticamente in silenzio quasi fosse una conclusione scontata. Anche per la stessa Grande Distribuzione. Ma così non si va da nessuna parte.
Mario Sassi
Personalmente sono d’accordo con Francesco Pugliese, “il peggio deve venire“.
E allora?
Cosa ha intenzione di fare la GD davanti ad uno scenario che potrebbe generare stagflazione?
Certamente non può chiedere al governo di intervenire solo quando le fa comodo.
E’ ora che la distribuzione si prenda le sue responsabilità dirette. Commerciali ma anche politiche.
Coop ha provato a mandare messaggi in tal senso, senza risultati tangibili.
Redatto il 16 gennaio , aggiornato il 10 febbraio 2022