Per me, la “guerra” contro le Coop è “una questione economica e insieme di marketing. Il gruppo cooperativo è stato a lungo il nostro più forte concorrente in diverse aree d’Italia ma la sua comunicazione, dal mio punto di vista, si muove talvolta su notizie fuorvianti. ‘La Coop sei tu, chi può darti di più’ è un bellissimo slogan ma non riflette il fatto che, all’epoca, noi riusciamo spesso ad avere prezzi più bassi dei loro. Mi muovo allora su più fronti: faccio guerra alla Coop sui prezzi, soprattutto in Toscana dove sono fortissimi [e sono al comando dell’abile Turiddo Campaini, v. I Caprotti e la Coop: Turiddo Campaini, un “nemico” e un maestro]; con il biologico creo i presupposti per portarle via i clienti attenti alla salute e alle tematiche ambientali, spesso con idee di sinistra; nel 2003 pubblichiamo il nostro primo bilancio sociale, raccontando le nostre iniziative per contenere il livello dei prezzi, rispettare i disciplinari dei prodotti e documentare ogni fase del processo produttivo, allargare la gamma dei cibi e delle bevande per rispettare le esigenze delle minoranze etniche e religiose, favorire le attività economiche e l’occupazione sul territorio privilegiando i fornitori di piccole e medie dimensioni e altro ancora. È un bello smacco, perché a livello nazionale a quell’epoca Coop ancora non lo fa.
Un altro obiettivo della nostra offensiva [contro la Coop] sono le agevolazioni fiscali. Su suggerimento dell’avvocato Filippo Donati iniziamo a pensare a un dossier che dimostri come, sia dal punto di vista dei soci che da quello sociale, le cooperative siano imprese come le altre. Ne consegue che le condizioni di favore di cui beneficiano sono aiuti di Stato. Creiamo un gruppo di lavoro interno e (…) raccogliamo tutta la documentazione necessaria per sostenere la nostra convinzione. Il dossier verrà portato poi a Bruxelles da Federdistribuzione e cambierà, almeno in parte, la tassazione delle cooperative. In loro difesa si muove persino Massimo D’Alema [segretario nazionale del Partito Democratico della Sinistra dal 1994 al 1998 e presidente dei Democratici di Sinistra dal 2000 al 2007, N.d.R.] ma la nostra vittoria, di cui non potrò cogliere i frutti, è importantissima. Tuttavia nostro padre tutto questo lavoro non lo vede o fa finta di non vederlo. In alcuni casi addirittura contrasta le nostre mosse, come quando mi schernisce chiamandomi “assistente sociale”. È una contrarietà priva di senso perché, all’inizio degli anni 2000, Coop si muove in maniera molto aggressiva e ci porta via la clientela nel mercato toscano, per noi il secondo in ordine d’importanza. (…) Le politiche sociali, con la stesura dell’apposito bilancio e con i prodotti che si rifanno al mondo equo e solidale, le promuovo dunque non soltanto perché ci credo fermamente. Lo faccio anche perché ci convengono in chiave di marketing, perché ci permettono di misurarci con i fatti su un terreno che le Coop sentono come loro. Bernardo non vuole vedere e ascoltare. Oppure, quando diciamo che l’unico vero vantaggio delle coop è di tipo finanziario, perché con il prestito sociale in sostanza fanno da banca ai soci, scrive a tutti per asserire che Esselunga non venderà mai prodotti finanziari ai clienti. Del dossier inviato alla Commissione Europea si interesserà, andando anche a Bruxelles, soltanto quando mi avrà esautorato (…). E dire che, nell’indagine interna commissionata nel 2003 dallo stesso mio padre sulla mia gestione, una delle accuse che mi viene mossa è di aver sprecato risorse e denaro dell’azienda proprio su questo dossier, definito “ormai di utilità zero”. Peccato che, appunto, qualche anno dopo, i dati raccolti in quello studio verranno utilizzati quando sarà lui ad andare contro le Coop, sia recandosi a Bruxelles come già era nelle nostre intenzioni, sia pubblicando Falce e carrello nel 2007 (CAPROTTI, Le ossa dei Caprotti, pp. 149; 187 – 188; p. 269).