Sopra l’intestazione dello Stuto Albertino
Supermarkets Italiani è la holding che controlla Esselunga.
Nel 2003 aveva uno statuto che tutelava i diritti dei soci e cioè, all’epoca, Giuseppe, Violetta e Marina Caprotti.
Seppur fiduciariamente.
Nello statuto del 2003 esisteva il diritto di prelazione , per il quale se uno dei soci voleva vendere la sua quota, questa doveva essere offerta prima agli altri soci.
il diritto di prelazione era ribadito più volte
Per vendere l’azienda ci voleva una maggioranza dell’85% (overosssia la maggioranza di 6 Consiglieri su 7 )
Nel 2004 lo statuto della holding veniva modificato
il diritto di prelazione veniva tolto
l’assemblea poteva deliberare anche sei soci erano assenti o dissenzienti (!)
e per vendere bastava il voto di 4 Consiglieri favorevoli su 7
Le domande finali di questa breve disamina sono:
1) se , come hanno affermato più volte gli avvocati di mio padre, non esisteva un disegno successorio per Esselunga e se Bernardo era di fatto l’unico vero socio della Supermarkets Italiani, che bisogno c’era d’ impostare lo statuto in vigore nel 2003 con ampie tutele per le minoranze ( prelazione e maggioranza dell’85% per vendere) ?
2) se le azioni erano solamente di Bernardo che bisogno c’era di cambiarlo nel 2004 ?
Se il posseso delle azioni, da parte dei figli, era “fittizio” e “simulato”, cosa aveva da temere legalmente Bernardo Caprotti da me o da me con le mie sorelle?
In teoria assolutamente nulla, anche perchè all’epoca ero completamente isolato dal resto della famiglia.
Ma forse la “verità” dei suoi avvocati è sempre stata molto lontana dalla realtà dei fatti dell’epoca: il disegno successorio di partenza era quello di lasciare l’azienda ai figli e Bernardo, nel 2004, forse temeva che il nostro possesso potesse rivelarsi tale.
Tra l’altro le parole fittizio e simulato sono comparse nella nostra vita e negli atti dei vari processi solo nel 2012 (!).
Comunque questo disegno successorio era sottolineato dal fatto che a me, nel 1996, aveva dato una % più alta di azioni rispetto alle mie sorelle (il 36% contro il 32% a Violetta e il 32% a Marina) perchè in teoria, nel futuro, avrei dovuto succedergli.
Come sappiamo non è andata così.
Nel 2004 , con la revoca delle mie deleghe (1 ) v. in proposito l’intervista a l’Espresso del 4 giugno 2013) , e nel 2005, con l’accordo sfumato per la vendita a Walmart, i nostri rapporti sono andati ulteriormente peggiorando.
Ma mio padre aveva sempre la situazione sotto controllo perchè io ero comunque rimasto in un angolo, senza riuscire a dialogare con le mie sorelle (2).
Quando Bernardo ha capito , nel 2010 , che Violetta, per vari motivi, stava riavvicinandosi a me (3), il progetto iniziale ha subito un inversione di rotta radicale :
non riuscendo ad accordarsi con noi (4) e non volendo neanche lasciarci (5) il controllo futuro dell’azienda, l’8 febbraio 2011, senza consultarci e con la complicità di Unione Fiduciaria (che non ci ha nemmeno avvertiti, come avrebbe dovuto), si è “ripreso” le azioni di Supermarkets Italiani.
(1) e tante altre cose, tra le quali il cambiamento di statuto del 2003.
(2) Marina ha deciso di interrompere definitivamente i nostri rapporti nell’aprile del 2004, mentre Violetta li ha interrotti dal 2004 al 2010.
(3) in caso di successione, insieme, avremmo avuto la maggioranza delle azioni della holding, nonostante la donazione del 2005, fatta al momento del tentativo di vendita a Walmart
(4) seguendo il principio del “divide et impera“, non ha mai proposto un accordo ad entrambi, nello stesso momento
(5) soprattutto al sottoscritto
Giuseppe e Violetta a Chicago nel 1987, con i signori Marino Fineschi, Sergio Leogrande, Gabriele Villa e Alberto Bianchi.
Foto di Bernardo Caprotti
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