prima stesura: 21 agosto 2015, ultimo aggiornamento del 13 novembre 2015
Il turismo genera il 9, 8% del P.I.L. mondiale (873 miliardi di € nel 2013).
Nel 1950 i turisti erano 20 milioni, nel 2030 dovrebbero essere 1,8 miliardi.
Le possibili opportunità per l’Italia in uno dei pochi settori dell’economia che continuerà a crescere. E i segnali , in Italia, ci sono già tutti: nell’estate 2015 30 milioni di italiani in vacanza , + 9% rispetto al 2014. A Milano e Provincia nel mese di agosto: + 34% per gli alberghi, dovuto all’Expo. Fonte il venerdì di Repubblica 18 settembre 2015.
Gli animali selvatici come “strumenti” di marketing e fonte di reddito
da Panorama
“Perché non mettere a frutto il patrimonio faunistico italiano?
Nel libro “Wildlife Economy”di Bernardino Ragni* due proposte, presentate a Expo il 5 agosto 2015
“Wildlife economy” significa trarre beni, servizi e reddito dalla fauna selvatica. Perché se vogliamo salvarla dobbiamo farla diventare una risorsa economica, sia pure con cautela. E ci sono due strade principali per farlo, entrambe percorribili: catturando l’animale selvatico nel suo ambiente per un consumo di tipo alimentare, o utilizzandolo a scopo didattico, di osservazione naturalistica.
La caccia oggi è regolata da una legislazione obsoleta che la concede a singoli cittadini, invece dovrebbe diventare prevalentemente una sorta di turismo venatorio redditizio.
Il cinghiale, per esempio, dagli anni Ottanta a oggi si è diffuso al punto da costituire una popolazione enorme lungo tutta la penisola, l’arco alpino, la Sardegna, anche in Sicilia. Ma la legge italiana è inadeguata a vederlo come risorsa. Lo stesso vale per i lupi, una folta popolazione. Si potrebbe farne pagare caro l’abbattimento.
Gli animali sono una risorsa di bioeconomia straordinaria, da rispettare con un consumo sostenibile: prelevandone una quantità tale da non metterne in crisi la riproduzione, rimanendo sotto la capacità di carico. In un territorio dove ci sono cento caprioli, ogni anno non dovrei prelevarne più di 60/50 altrimenti in pochi anni la popolazione si estingue.
L’altra strada per trasformare gli animali in bio-risorse è farne oggetti di osservazione naturalistica e di apprendimento, un’attività didattica a pagamento. Non catturare il lupo, l’orso o la lince, ma osservarli nel loro habitat naturale. In questo caso, un turismo zoologico. Queste due strategie non sono in alternativa l’una all’altra, ma devono coesistere. La mia proposta non è popolare, mi rendo conto.
Oggi, in Italia, prevalgono due mentalità contrapposte: quella contemplativa di ambientalisti e animalisti, per cui l’animale «guai a chi lo tocca»; e quella puramente consumistica di tipo venatorio, non finalizzata a nulla se non al piacere atavico di cacciare.
La visione della fauna come risorsa economica è nuova per l’Italia. Eppure ci sono esempi stranieri: lo si fa negli Usa con grandi cervi e alci; in Australia per certi tipi di canguro; in Scozia c’è qualcosa di simile con alcuni uccelli selvatici o nei paesi centro-orientali, sui grandi mammiferi, orso e lupo compresi. In Africa il concetto di wildlife farm è basato proprio su questa idea.
Non solo: dovremmo tornare, rivisitandola, alla «lezione» del Paleolitico. La nostra specie per centinaia di secoli è riuscita a prosperare con un uso sostenibile (ed economico) della fauna selvatica. Poi, con l’addomesticamento, abbiamo smesso di occuparcene. Adesso, paradossalmente visto che siamo nel terzo millennio, la natura ci propone la possibilità di usare le stesse risorse di una volta, ci indica che la strada è buona.
È una proposta difficile da far accettare culturalmente, ma bisogna lavorarci sopra. La Regione ha le deleghe da parte dello Stato per caccia, pesca, fauna e ambiente, questi esperimenti andrebbero fatti a livello regionale, e io ci sto provando. A settembre affitterò uno stand all’Expo di Milano, presentando il mio libro e illustrando questa idea. E dimostrando, con progetti ai quali sto lavorando in Umbria, che può funzionare”.
*(Esperto di biologia e professore di zoologia ambientale e gestione faunistica all’università di Perugia)
In effetti , oltre all’esempio dei parchi americani del quale ho già parlato in Yosemite brucia, un disastro ecologico ma anche economico e Turismo e aree protette, esistono altri esempi nei paesi più evoluti.
Uno è costituito dalla cicogna bianca orientale (oriental white stork) che è considerata, da quando è stata reintrodotta in natura negli anni ’70, parte dell’economia locale in una vasta area del Giappone.
La cicogna bianca nella regione di Kinosaki Onsen- prefettura di Hyogo, isola di Honshu- non si può non notare perché appena si arriva in stazione si trovano mappe e d istruzioni su come approcciarla…
c’è una statua all’ingresso di uno dei paesi della cicogna…
è inoltre presente sugli edifici
ma la si trova anche sulle cartoline
sui liquori
o sui dolci
Questa sotto è una delle aree dove vive indisturbata, a poche centinaia di metri da un centro abitato, dalla ferrovia e da una strada ad alta percorrenza
La cicogna è anche la mascotte della locale squadra di baseball che è lo sport nazionale del Giappone.
Si tratta quindi di una sorta di una “star” , discreta ma visibile facilmente, che contribuisce alla caratterizzazione della zona e al suo P.I.L. (prodotto interno lordo)
Un esempio da seguire facilmente anche in Europa : potrebbe essere il caso della tartaruga caretta caretta in Grecia, se ci fossero consapevolezza, visione, organizzazione e fondi per l’ambiente.
Perché il turismo non solo genera il 9, 8% del P.I.L. mondiale (873 miliardi di € nel 2013) e occupa sul pianeta 1 persona attiva su 11 (fonte : Organizzazione Mondiale del Turismo o OMT) ma nel 1950 i turisti erano 22 milioni , oggi sono 1’030 milioni (più di un miliardo, fonte: L’Espresso del 6 agosto 2015) e nel 2030, secondo l’OMT, potrebbero essere 1,8 miliardi.
Si tratta quindi di una fonte di reddito importantissima sia per l’Europa, che drena ancora il 42% del mercato turistico mondiale, che per gli USA, che ne hanno ricavato 156 miliardi di € nel 2014 (fonte: l’OMT), che per il resto del mondo (40% ca. dei restanti ricavi mondiali del turismo).
In questo contesto di grande competizione la salvaguardia dell’ambiente può essere un elemento differenziante per l’Italia, che potrebbe attirare soprattutto i turisti del Nord Europa, molto attenti a queste tematiche.
Corriere della Sera del 19 aprile 2016
Quel che non si sottolinea abbastanza spesso è come il peggioramento dell’ambiente possa avere una valenza politica molto forte, con un impatto anche sul turismo, in Europa e nel mondo meno sviluppato.
Lo evidenzia Le Monde , sottolineando come “Il cambiamento climatico ” sia “responsabile dell’esodo dei migranti“.
Aggiunge che “il degrado dell’ambiente porta all’esodo rurale che fa crescere la miseria e l’instabilità delle città del sud (del mondo)”.
Le Monde 23 e 24 agosto 2015
E non lo dicono più solo i francesi
Il Sole 24 ore del 10 novembre 2015 parla di “rifugiati climatici“, stimati già – dal 2008 al 2014- in 157 milioni
Ovviamente questi migranti, con i loro sbarchi, danneggiano il turismo dei paesi europei, come ad esempio Italia e Grecia.
Tornando agli animali selvatici, possiamo affermare che la loro difesa, nei paesi meno sviluppati ha una valenza politica perché c’è chi li abbatte deliberatamente, per :
1) togliere risorse turistiche importanti ai paesi di appartenenza, che potrebbero essere i paesi con il più forte tasso di crescita turistica del mondo
2) creare nuovi flussi di migranti sui quali speculare o mettere le basi per avere più adepti.
E sto parlando degli estremisti islamici.
https://www.giuseppecaprotti.it/la-strage-degli-elefanti-avra-delle-ricadute-politiche-in-africa/
Per alcuni paesi gli animali selvatici hanno la stessa importanza dei monumenti e possono ancora essere salvati