Prima stesura ottobre 2016, ultimo aggiornamento dell’8 febbraio 2023
Nell’articolo su Ferdinando Schiavoni e la fondazione dell’ Indicod e in quello sulle origini di Esselunga ho accennato a come la Supermarkets Italiani, poi Esselunga, sia stata impostata e gestita dai manager di Nelson Rockefeller dal 1957 al 1965.
Gli americani Richard W. Boogart (che veniva dal Kansas), Dick Simpson e Roland Hood insegnarono agli italiani Ferdinando Schiavoni , Paolo De Gennis e Claudio Caprotti (*) come “si faceva” e si gestiva un supermercato con il suo un magazzino di stoccaggio.
(*) Schiavoni – vedi foto sopra – sarà lì nel 1957, Claudio Caprotti entrerà in azienda nel 1961, Paolo De Gennis nel 1962 mentre Bernardo Caprotti vi approderà nel 1965, quando i manager di Rockefeller saranno andati via.
Claudio lavorerà poi nei primi anni ’60, per due anni, in una società della IBEC di Rockefeller in Sud America per imparare il mestiere.
Ferdinando Schiavoni sarà il mio referente quando entrerò in azienda nel 1986.
Gli americani apprenderanno agli italiani anche come si attua una politica commerciale.
In “La spesa è uguale per tutti” di Emanuela Scarpellini, nel capitolo su “Gli esordi della Supermarkets Italiani”, a pagina 52 – a proposito dell’ approvigionamento dei prodotti e del marchio privato – si legge:
I prezzi in effetti erano mediamente inferiori del 15-25% rispetto a quelli correnti, secondo i settori, come risulta dagli elenchi analitici compilati e costantemente aggiornati dai dirigenti del supermercato (*).
(*) all’inizio c’era solo Regina Giovanna
Ciò fu possibile grazie a una politica di diretta importazione di alcune merci fondamentali (manzo dall’Argentina, pesce surgelato, vitello e alcuni tipi di formaggio dalla Danimarca, frutta inscatolata dal Sudafrica) saltando i costosi passaggi degli intermediari.
Per quanto riguarda invece i prodotti freschi, il problema fu costituito dalla mancanza di merci adeguatamente preparate e controllate; mancanza, come detto, attribuibile alle caratteristiche e alle politiche di vendita delle esistenti industrie alimentari.
La Supermarkets Italiani stabilì perciò di avviare una produzione in proprio già a partire dal 1959, realizzando un panificio, i cui prodotti riscossero subito un vivo apprezzamento da parte della clientela (grissini e sei tipi di pane che incrementarono le vendite di quindici volte), un grande pastificio per ravioli, tortellini, gnocchi (“Nei negozi l’accoglienza è stata ottima. […] I prodotti sono di qualità eccellente e la gente risparmia il 50%. E’ stata un’emozione per noi vendere uno dei prodotti alimentari preferiti dagli italiani a un prezzo che loro non avevano mai visto prima “) e un laboratorio di gelateria (che riuscì a vendere persino durante l’inverno contrariamente ai produttori italiani che sospendevano l’attività”)…..
Nel 1960 a questi si aggiunsero un impianto per la torrefazione del caffè – che produceva “un prodotto qualitativamente ottimo a prezzi che, ben si può dire , non temono concorrenza sul mercato milanese” – e un magazzino per la lavorazione e lo stoccaggio di salumi e formaggi, che venivano tagliati e imballati a seconda delle esigenze di vendita con grande risparmio di spesa.Inoltre per la produzione di uova, fino ad allora largamente importate, ci si avvalse di un’altra società statunitense collegata all’IBEC, la Arbor Acres, che aveva sviluppato una razza di pollame particolarmente prolifica e di alta qualità. A partire della metà del 1960 la Supermarkets Italiani iniziò poi a sviluppare progetti per la produzione in proprio anche di uova, polli e conigli.
Nè mancarono i primi tentativi di sfruttare la marca commerciale. Il supermercato strinse accordi con vari produttori per confezionare in esclusiva sotto una particolare etichetta una serie di prodotti (dolci, verdure, sapone, vino, olio e aceto) con risparmi che andavano dal 10 fino al 50%;risparmi in buona parte passati ai consumatori nell’intento di far salire il volume complessivo delle vendite.
La soluzione al problema dell’ approvvigionamento fu dunque quella di realizzare un’integrazione verticale per poter controllare il processo di produzione e lavorazione delle merci sia per motivi di contenimento dei costi, sia per garantire le caratteristiche desiderate dei prodotti. Nello stesso tempo in tal modo si aggirava almeno in parte il rifiuto di cooperare di alcuni fornitori, dovuto al timore di essere boicottati dai piccoli commercianti… “molte aziende, per questo motivo, si rifiutano persino di sottoporci offerte dei loro prodotti”.
Al di là dell’originalità dell’organizzazione, che abbinava prodotti appositamente confezionati a prodotti freschi particolarmente apprezzati dalla clientela, è da notare come in questo caso la grande distribuzione commerciale adottasse soluzioni d’avanguardia rispetto ai settori industriali alimentari, anticipando modalità di produzione che diverranno generalizzate solo in anni successivi. E ciò costituisce un’ulteriore riprova del fatto che la concorrenza dei nuovi supermercati risultò vincente non tanto o non solo a causa dei prezzi, ma per via del fattore qualità, differenziando in parte il caso italiano da altre esperienze estere.
Le frasi virgolettate sono di Richard W. Boogart, primo a.d. di Supermarkets Italiani.
Quando entrai in Esselunga nel 1986 trovai questa situazione: panificio, pastificio, gelateria e torrefazione di caffè. Chiusi quest’ultima perchè il prezzo del caffè aveva oscillazioni stratosferiche: a volte sul caffè a marchio si guadagnava ma molto spesso si perdevano soldi.
I marchi di fantasia del caffè (come Khan, nella foto sotto ) oggi non sono più prodotti da Esselunga ma dall’Industria di marca.
I prodotti a marchio Esselunga esistevano già ma convivevano con marchi di fantasia come Briciola, Nutron, Maggiolino, Kekasa e Naturama, disegnato da Max Huber nel 1973.
Nel tempo, dalla metà degli anni ’90 in poi, sviluppai molti prodotti con questo marchio, antesignano di Esselunga bio.
Naturama ed Esselunga Bio nel 2003 rappresentavano il 10% del fatturato alimentare di Esselunga.
Immagini : archivio Giuseppe Caprotti, Albiate

Di seguito la lettera di complimenti di una cliente su Esselunga, quella che – nella mia testa – sarebbe potuta essere la “Whole Foods italiana”.
Altre lettere di clienti sono disponibili nella sezione “Dicono di me” di questo sito.

Sotto alcuni marchi Esselunga da me lanciati dal 1994 in poi con Violetta Caprotti e l’Armando Testa di Torino
Uniche eccezioni : i surgelati. Questi ultimi sono i primi articoli a marchio Esselunga lanciati dalla catena milanese nel 1979.
Sulla nascita della Cola Esselunga puoi leggere Esselunga contro Coca-Cola.
Sul “sogno americano”, esportato dagli USA, leggi : Supermarket, la rivoluzione ha 50 anni



