Uno dei grandi pregi dell’Archivio della Manifattura Caprotti è la vastità del campionario della sua produzione. Conservato dai primi degli anni ’40 dell’Ottocento sino ai primi del secolo successivo, conta decine e decine di campioni di stoffe prodotte dalla Caprotti, che i clienti spedivano alla fabbrica quale esempio per la fornitura richiesta. Oltre a questi, stante la disponibilità di Aristide “Mentore” Zotti, ex dipendente della Manifattura, e del figlio Luca, che ringrazio di cuore, ho potuto visionare alcuni esempi di campionari moderni della ditta risalenti al 1970-’80. Sono campionari che venivano inviati o mostrati a potenziali clienti, cartoni con pinzati ritagli di stoffe adatte per le camicie da “tempo libero” (prodotti e presentati dal CT – Consorzio produttori italiani tessuti per camiceria, di cui faceva parte anche la Caprotti), e da altri presentati dalla sola Caprotti (“un vecchio nome mille nuove idee”, recita lo slogan sul retro del cartoncino di supporto), come i rigati “Milord” dai colori allegri e il leggero disegno jacquard che andava tanto di moda all’epoca.
Ma se i tessuti antichi prodotti dalla Manifattura albiatese avevano tratti marcatamente distintivi, quali le sfumature di colore acceso per cui le loro cotonine erano tanto richieste (e il libretto con le formule per le tinture, tuttora in Archivio, era gelosamente conservato), i materiali e le fantasie dei tessuti di un secolo dopo invece non li avevano. Erano belli, certo, ma chiunque avrebbe potuto produrli, come difatti successe. E la ditta ne risentì pesantemente.
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