1.I residui chimici e l’etichettatura della pasta
All’incirca venti anni fa, all’epoca del lancio di Esselunga Bio, Federchimica, affermava che i residui chimici nei prodotti alimentari convenzionali (non biologici) erano assenti.
Con lo stop – progressivo, risalente al 2017 – all’utilizzo del glifosato in agricoltura si è scoperto che i residui ci sono, eccome .
Infatti Riccardo Felicetti, presidente Aidepi (associazione confindustriale che riunisce il settore pasta e quello dolciario, nei quali spicca Barilla) quell’anno dichiarava che :
“… la nostra pasta è sicura , tracce minime nel grano”.
“… il glifosato a livello globale ha inquinato il 70 per cento delle falde acquifere”
Per aggiungere poi:
“Ci sarà un’evoluzione dell’agricoltura in direzione della riduzione dell’impatto ambientale e del biologico. Ma il processo ha bisogno dei suoi tempi”
Finalmente Aidepi prendeva posizione.
Meglio tardi che mai.
2. il glifosato
L’autorizzazione del glifosato è stata rinnovata e scadrà il 15 dicembre 2022.
Le Monde ha fatto presente che, stranamente, i documenti di rinnovo dell’autorizzazione UE ricalcavano quelli presentati da Monsanto per difendere il glifosato…
3. Bio è meglio ?
Tornando al biologico vent’anni fa era impensabile dichiarare : “bio è meglio”, come scritto – ad esempio – da Repubblica (vedi sotto) o come ha fatto- ancora più recentemente (ottobre 2018) – un’autorevole ricerca francese :
“uno studio epidemiologico, effettuato su 70’000 persone tra il 2009 e il 2016 da un gruppo di ricercatori francesi, indica che i i grandi consumatori di prodotti biologici hanno un rischio ridotto del 25% di contrarre il cancro”
Personalmente, all’epoca, ero incorso negli strali e fulmini di Federchimica, con Giorgio Squinzi presidente, solo perchè avevo osato dire pubblicamente che preferivo dare cibo bio ai miei figli.
E i produttori di diserbanti (es.: Monsanto ) fanno lobbying per negare l’effetto nocivo dei loro prodotti, nel silenzio assordante dei quotidiani italiani.
Si tratta di pratiche “correnti” anche nel mondo del cibo, ad esempio, con Coca-Cola, per negare gli effetti negativi dello zucchero . (Per Coca- Cola leggi anche questo aggiornamento del 2019.)
4. l’etichettatura della pasta si presta ad equivoci
“la vicenda Barilla – glifosato” ha avuto numerosi strascichi e potete leggere :
Il Fatto Alimentare (20/10/2017) : il frumento della pasta Barilla sembra provenire da Francia Australia e USA
Barilla (2017?) : sul sito dell’azienda si parla solo di frumento italiano…
Il Fatto Alimentare (12/02/2018) , con l’etichettatura attuale della pasta Barilla : l’ origine è Italia, UE e non UE (Francia , Australia e USA ma quest’ultima informazione manca ai consumatori ).
5. la pasta e i dazi
gli accordi o i tentativi di accordo sono stati:
a. Il CETA (accordo EU- Canada) è in vigore – provvisoriamente -da due anni.
b. Il TTIP (accordo EU- USA) che non è mai entrato in vigore anche perchè uno degli scogli più grossi era dato dalla volontà americana di non riconoscere le denominazioni europee “come Dop e Igp... negli USA, le aziende che utilizzano nomi come Parmesan, Asiago, Gorgonzola ma anche Feta sono riunite in un consorzio (Consortium for common food names) che punta ad affermare la “genericità” di tali nomi…”
(Ne avevo parlato qualche anno fà in “Cibo: le possibili insidie targate USA”).
Questo punto è totalmente inaccettabile per l’Europa e rende le eventuali trattative per i dazi impossibili.
La commissaria UE Cecilia Malstrom ha infatti dichiarato :
“se gli USA impongono i dazi, l’Unione europea sarà pronta a rispondere… “.
Toccherà all’irlandese Phil Hogan, successore di Malstrom – in uscita – rilanciare una trattativa complicata dalla richiesta americana: aprite i vostri supermercati alla nostra agricoltura, al nostro cibo…
Corriere della Sera del 3 Ottobre 2019, pagina 5.
Il problema è che gli USA vorrebbero forzare l’esportazione in Europa del loro cibo, con degli standard che sono molto più bassi di quelli europei.
Boeing, dopo Airbus, verrà sicuramente condannata dalla WTO nel 2020 (Le Monde 4 ottobre 2019)
6. conclusione :
è evidente che un pò più di trasparenza sull’origine della materia prima della pasta non avrebbe guastato.
I produttori italiani di pasta avrebbero potuto spiegare agli italiani che l’Italia non è autosufficiente per i suoi fabbisogni di grano e che la pasta fatta con grano 100% italiano, come la Voiello (di Barilla), è quindi una produzione di nicchia.
Inoltre l’eventuale accostamento con il glifosato non fà bene alla marca Barilla.
Infatti sul grano canadese e sul CETA potete leggere questo pezzo (20/09/2019) , dove si dice che il grano canadese che entra in Italia matura – in Canada, in modo del tutto innaturale – sotto la neve grazie al glifosato.
Oppure potete leggere la denuncia di Coldiretti ( del 31 luglio 2019) : ” Ceta, aumenta di 7 volte l’import di grano dal Canada”.
Sui collegamenti tra Bayer-Monsanto il glifosato e il cancro leggete qui e anche qui.
Ma il fatto di arrivare alla trasparenza sull’etichettatura tardi, “costretti con la forza”, è un pò una mania italiana: anche Ferrero aveva fatto molta fatica a rivelare , in modo chiaro, le materie prime dei propri prodotti (*), prima di essere obbligata a farlo dai regolamenti comunitari (UE).
(*) nocciole turche, olio di palma, etc.
Prima stesura del 26 ottobre 2017. Con un aggiornamento del 6 ottobre 2019. Con il gradito contributo di Franco Mari.