Redatto il 20 novembre 2022, aggiornato il 16 novembre 2024
Superstore: Esselunga perde quota fiaccata dai colpi dei nuovi leader della GDO
I player del format superstore in Italia sono Esselunga, leader indiscusso, con una quota oltre il 40% del totale, poi Selex, Coop, Conad, VèGè e Aspiag. Questo articolo descrive minuziosamente l’evoluzione di queste insegne negli ultimi sei anni mettendo a confronto i fatturati medi, le crescite del fatturato e le relative quote di mercato. Ne esce un quadro molto interessante
Esselunga è la massima espressione del format superstore in Italia, lo è storicamente, ne ha fatto un suo tratto distintivo ed ha vinto la sfida del tempo, che alla fine le ha dato ragione. Il fatturato medio dei suoi punti vendita è altissimo, sebbene tutti i player del mercato che si cimentano su questo formato di vendita trovano un ottimo connubio tra gli interessanti ricavi ed i relativi costi di gestione.
Chi sono oggi i principali concorrenti di Esselunga in questo format? Quali sono le differenze tra il leader (Esselunga appunto) ed i suoi competitor? Chi di loro cresce di più e con quali valori e quali quote di mercato? La perdita della leadership di Coop e la crescita di Selex e Conad sono coincise con un forte presidio di queste su questi formati di vendita, ma anche su quelli inferiori, come abbiamo messo in evidenza in altro articolo. Non c’è il rischio di cannibalizzazione dei fatturati? Quali sono le differenze tra i diversi format, in termini numerici? Questo articolo risponde a tutte queste domande, entrando nel merito delle prestazioni dei protagonisti del mercato.
Iniziamo da Esselunga: l’azienda di Pioltello è stata la prima a non inseguire il mercato e a puntare molto del suo futuro, invece, su questo formato di vendita. Come abbiamo già scritto circa venticinque anni fa, mentre tutti gli altri concentravano i propri sforzi verso i grandi ipermercati, l’azienda lombarda apriva superstores. Grazie a questa scommessa (ovviamente vinta) Esselunga ha ottenuto prestazioni eccezionali che le hanno permesso di godere, nel tempo, del credito che tutti le riconoscono.
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Vediamo un pò di numeri: il fatturato medio di un superstore, a livello nazionale, è di circa 25/26 milioni di euro. Bisogna tenere presente, però, che le medie vanno sempre interpretate. Il dato italiano è infatti grandemente influenzato dal fatturato medio di Esselunga perché questo retailer, con meno di duecento negozi, raggiunge una quota di mercato (superstore) decisamente rilevante, pari al 41.5%. È vero che il peso dell’azienda lombarda è calato molto nel tempo (solo 6 anni fa deteneva il 47% del mercato) però è indubbio che la quota odierna rimane preponderante.
Per comprendere la portata dell’influenza che Esselunga esercita sullo scenario complessivo ci basta sapere che un suo superstore fattura mediamente 55 milioni di euro, praticamente il doppio rispetto al dato di riferimento nazionale.
Segnaliamo, comunque, che il fatturato di Esselunga nel comparto è in calo a partire dal post Covid. Non si tratta di un decremento importante ma di una leggera flessione pari al -3.2%.
Esselunga fattura complessivamente 8 miliardi di euro grazie ai superstore, che realizzano circa il 75% della sua cifra d’affari ma, come abbiamo visto, cede quota. Ciò avviene perché su queste misure ha perso fatturato (-3.2%) mentre il mercato, negli ultimi 6 anni, è cresciuto in modo importante fino a valere circa 14.7 miliardi di euro.
Il secondo posto lo ottiene Selex, seppure sia decisamente distante da Esselunga. La quota del gruppo è di poco inferiore al 14% mentre il fatturato sviluppato è di circa 2 miliardi di euro. È interessante notare l’incremento del fatturato di Selex degli ultimi 6 anni nel segmento. Tale crescita è stata determinata sicuramente dalla forte attenzione che i grandi gruppi legati a Selex hanno per i super store ma anche dall’incorporazione di SUN.
I protagonisti principali di SUN, infatti, come Gabrielli e Gros, sono aziende che operano utilizzano ampiamente il formato super store. Possiamo, dunque, imputare l’incremento eccezionale di Selex, pari al 64%, ai due fattori sopra descritti.
Come dicevamo, il fatturato medio per negozio a livello nazionale è di circa 25/26 milioni, in lieve calo negli ultimi due anni. Il fatturato medio di Selex però è più basso e si attesta intorno a poco più di 15 milioni di euro.
Tra Esselunga, al primo posto e Selex, al secondo, vediamo quindi due differenze sostanziali, una relativa alla quota detenuta e l’altra al dato sul fatturato medio. Inutile dire che il divario sui ricavi per negozio deriva dalla maggiore numerica di punti vendita Selex che, a differenza di Esselunga, coprono tutto il territorio nazionale e sono gestiti da operatori diversi, con approcci commerciali distinti.
Dopo Selex, al terzo posto, troviamo Coop. I due retailers sono molto vicini in termini di quota di mercato. Comunque, il fatturato medio per negozio di Coop è superiore a quello di Selex ed arriva intorno ai 23 milioni di euro. Il fatturato complessivo nel comparto, invece, è di circa 2 miliardi, leggermente inferiore a quello del secondo classificato. Per Coop, rispetto al 2016, vediamo un incremento del 9.2%, dato da una crescita iniziale a cui ha seguito un decremento dopo il periodo Covid.
Nei 6 anni analizzati, la quota di mercato di Coop si è mantenuta sostanzialmente costante. A differenza di Selex, il gigante cooperativo ha praticamente tolto il piede dall’acceleratore della crescita, evitando di sviluppare in modo massiccio. In passato, Coop ha conquistato quote di mercato grazie agli ipermercati che ha usato per diventare leader. Solo quando ha compreso che il segmento iper si avventurava in acque pericolose (perdendo vendite), ha cominciato a reagire, cercando di ottimizzare la sua struttura.
Si tratta di una reazione i cui effetti non si possono vedere da un giorno all’altro però diciamo che, dopo qualche anno, Coop sta tornando in equilibrio, soprattutto con la sua cooperativa maggiore, ovvero Alleanza 3.0. A nostro parere, nonostante altre cooperative di Coop Italia operino con dei superstores, una buona quota dei 2 miliardi fatturati da Coop nel comparto è da attribuire a Unicoop Firenze che pensiamo contribuisca anche ad alzare sensibilmente il dato sul fatturato medio di gruppo.
I superstores, per Coop, rappresentano sicuramente uno strumento utile a compensare le (probabili, nostra opinione) perdite derivanti dagli ipermercati. Si può estremizzare dicendo che tali negozi sono fondamentali al fine di scongiurare scenari complessi. Infatti, come abbiamo visto, la cooperativa si concentra soprattutto sugli iper dove è leader e solo in misura minore sulla piccola e grande prossimità. Il superstore, in questo caso, risulta praticamente l’unico comparto capace di sostenere la redditività complessiva.
Arriviamo adesso a Conad, player per il quale vale un po’ lo stesso discorso fatto per Selex. Assistiamo ad una crescita straordinaria, pari al 66%, alla quale sicuramente ha contribuito l’acquisizione di Auchan (come per Selex ha impattato quella di SUN). Ciò è vero in quanto, in molti casi, Conad ha ridotto le metrature degli ex Auchan, di fatto declassandoli da iper a super stores.
Nel segmento mini-iper un negozio Conad fattura mediamente più di uno store Selex ma meno di uno ad insegna Coop. La quota di mercato di Conad è cresciuta anche se non particolarmente, arrivando all 8.42%, un dato comunque rilevante. Conad sviluppa, nel comparto, 1.250 miliardi di fatturato contro i 2 e più miliardi di Selex e i quasi 2 di Coop.
Dietro Conad troviamo VéGé, un attore che ha fatto della variegata moltitudine un punto di forza. All’interno di questa moltitudine la presenza di superstore (e di iper) è importante. Il fatturato medio per negozio è sicuramente interessante, vicino a quello di Selex. È un dato che, se guardiamo indietro negli anni, ha subito un forte calo. Stante il fatto però che il fatturato complessivo nel comparto, espresso da VéGé, ha visto una crescita del 200% in 6 anni (si parla, comunque, di valori totali sotto il miliardo), possiamo dire che il fatturato medio all’epoca del già citato calo era sicuramente meno indicativo perché relativo ad un periodo in cui le vendite di gruppo erano circa un terzo di quelle odierne.
La quota di VéGé è costruita dall’aggregazione di gruppi più eterogenei rispetto a Selex ed è quasi pari al 6%. A pensarci, non è poi così distante da quella di Conad ed è, comunque, cresciuta molto, passando dal 2.2% al 5.95%.
L’ultimo player che trattiamo è Aspiag. A differenza di tutti gli altri, eccezion fatta per Esselunga, Aspiag è un centro distributivo che ha sempre creduto nel modello super store e ci ha puntato fortemente anche se, certamente, non in modo esclusivo. Il suo fatturato è cresciuto del 33% nel comparto e la sua quota è pari al 4%.
Concludendo, diciamo che il superstore è un ambito in cui si cimentano i migliori del mercato e rappresenta la parte migliore di chi il mercato lo soffre (es. Coop). È un mondo da monitorare con attenzione. In un altro articolo abbiamo spiegato quali minacce lo caratterizzano però è importante tenere presente che si tratta di uno di quei pochi formati di vendita su cui ancora si può puntare e contare.
Non ho riportato tutti grafici per svariati motivi. Quello che però mi ha colpito è che se tutti gli attori, tranne Coop (ed Esselunga, ovviamente), vedono la loro quota di mercato nel segmento salire, il loro fatturato medio , per punto di vendita, scende. E questo, unito al fatto che il fatturato di tutto il settore decresce, non è affatto un bel segnale.
Per completare il quadro leggi : Aldi subentra a Bennet in Viale Monza a Milano: cosa significa? (con spunti tratti dal mio libro “Le ossa dei Caprotti” ) e Produttori di cibo (grandi marche e non) : quale futuro?. In questi due articoli ci sono tutte le grosse dinamiche di mercato (discountizzazione e saturazione del mercato).