Redatto il 31 marzo, aggiornato il 9 aprile 2023
Sopra : uova da galline allevate con mangimi che non contengono OGM, da Whole Foods, quando non era di Amazon.
Tutti i rischi delle piante transgeniche (che all’Italia piacciono)
L’Ue vuole deregolamentare le nuove tecniche di modifica del Dna, ma secondo un gruppo di esperti di biotecnologie non possono essere considerate sicure
Riusciremo a mangiare in tutta sicurezza un’insalata nei prossimi anni se l’Unione europea autorizzerà (come prevede di fare) le piante transgeniche? Un pomodoro geneticamente modificato con le nuove tecniche Crispr, per quanto più ricco di vitamine, sarà compatibile con delle foglie di valeriana, rape rosse e sesamo, che pure hanno subito dei “tagli” di Dna o diventerà un cocktail fatale per la nostra salute? A questi ed altri quesiti hanno provato a rispondere gli esperti di TestBiotech, un ente di ricerca tedesco non governativo specializzato in biotecnologie, che ha presentato nei giorni scorsi a Bruxelles un report sulle “nuove tecniche genomiche” (Ngt o Tea), che la Commissione europea vorrebbe liberalizzare. L’Italia è uno dei Paesi europei che più sta facendo pressioni per avallare la deregolamentazione di queste tecniche. Questo nonostante tra i rischi principali menzionati dagli scienziati ci siano le modifiche di Dna “indesiderate”, la contaminazione involontaria di piante tradizionali, la trasmissibilità di tratti genetici ad animali nutriti con mangimi frutto di piante dal Dna modificato. AgriFood Today ha partecipato ad un seminario al Parlamento europeo per comprendere meglio il divario tra le grandi aspettative nei confronti di queste tecniche ed i complessi rischi connessi alle piante transgeniche nel contesto dell’agricoltura e della produzione alimentare.
Presunta sostenibilità
Il dibattito sulle nuove tecniche di ingegneria genetica si sta rapidamente intensificando, dato che la Commissione europea prevede di presentare prima dell’estate la sua proposta per una nuova normativa che escluda le “nuove tecniche genomiche” (Ngt o Tea) dalla normativa del 2001 in vigore sugli Organismi geneticamente modificati. Secondo una parte del mondo scientifico sono invece elevati i rischi per la biodiversità e la salute umana, come pure per i selezionatori di sementi e gli agricoltori, che diventerebbero ancor più dipendenti dai brevetti che resistono nelle mani dei pochi giganti dell’agro-business. Da uno studio che Bruxelles ha presentato nell’aprile 2021 si evince che le Ngt sono da considerarsi più sicure rispetto agli Ogm, perché modificano il Dna di una pianta senza introdurre elementi genetici “esterni”. Da qui l’idea di richiedere un’apposita valutazione del rischio solo per alcune tecniche.
Secondo gli scienziati intervenuti al seminario, i benefici per sostenibilità, tutela dell’ambiente e sicurezza alimentare enunciati dalla Commissione sono solamente supposti, ma non provati. “La Commissione dà l’impressione che i benefici dichiarati delle colture Ngt siano già un dato di fatto”, ha dichiarato Christoph Then, direttore esecutivo di TestBiotech, aggiungendo: “Siamo d’accordo che le nuove tecniche genomiche hanno un grande potenziale per i cambiamenti genetici, ma non è facile tradurre questo potenziale in benefici effettivi”. Per proseguire: “Secondo noi queste promesse sembrano esagerate. Non diciamo che sia impossibile, ma solo che è tutto da vedere. D’altra parte attualmente i rischi non sono presi sufficientemente in considerazione né dalla Commissione né dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa, ndr)”, ha evidenziato l’esperto.
Promesse mancate
L’altro autore del report, Matthias Juhas, ha mostrato la discrepanza tra le promesse con cui l’agrochimica aveva presentato gli Ogm di prima generazione ed i vantaggi prodottisi realmente. “L’introduzione delle piante transgeniche in agricoltura circa 30 anni fa è stata accompagnata da numerose promesse di benefici e da grandi aspettative, che nella maggior parte dei casi non si sono realizzate o si sono realizzate solo solo in parte”, ha affermato Juhas.
Uno studio sosteneva che le colture geneticamente modificate avrebbero: ridotto del 37% l’uso di pesticidi a livello mondiale; aumentato la resa delle colture del 22%; aumentato i profitti degli agricoltori del 68%; prodotto effetti simili in tutti i Paesi che coltivano piante transgeniche.
Le cose sarebbero andate diversamente. “La diffusione negli Stati Uniti di erbe infestanti resistenti al glifosato ha fatto aumentare i costi per la coltivazione di mais e soia del 50-100%”, ha affermato Juhas, citando uno studio di Benbrook del 2012. E ha aggiunto: “A causa dell’aumento vertiginoso dei costi, la produzione di cotone in diversi stati americani è diminuita del 60-70%”, come attesta una ricerca del 2013.
Gli insetti non si arrendono
Altri rapporti, citati dall’esperto, dimostrano che diverse coltivazioni Ogm hanno determinato rese più basse, aumento dei costi e rendimenti inferiori, come avvenuto in Cina, India e Sudafrica per le coltivazioni di cotone Bt. Si tratta di un cotone in cui è stato inserito nel Dna della pianta il batterio Bacillus Thuringiensis, capace di produrre una tossina innocua per l’uomo ma letale per i tarli. Peccato che, appena sette anni dopo le prime applicazioni in Cina, le popolazioni di altri insetti siano aumentate a tal punto che gli agricoltori sono stati costretti a spruzzare le loro colture fino a 20 volte durante la stagione di crescita per controllarli, come si evince da uno studio della Cornell University condotto su 481 agricoltori cinesi in cinque grandi province produttrici di cotone. Insomma mentre i benefici sono presto svaniti, sostiene il report, ad aumentare sono stati i costi, dato che questi semi Ogm possono costare anche il 166% in più rispetto a quelli convenzionali. “I profitti sono assolutamente insignificanti per gli agricoltori”, ha concluso Juhas.
Ibridazioni indesiderate
C’è poi il problema della contaminazione di altre colture, che avviene tramite impollinazione (determinata ad esempio dal vento), da cui derivano forme di ibridazione impreviste, che comportano a loro volta l’introgressione, cioè una forma di ibridazione permanente che prevede l’incorporazione di geni provenienti da un gruppo geneticamente distinto. “Dalla sua introduzione nell’ambiente del Canada occidentale, la canola (una colza Ogm), è ampiamente proliferata ed è stata trovata a crescere su terreni su cui non era previsto che venisse coltivata”, ha affermato Juhas. Altro esempio citato è quello del Brasile, dove si è verificata una contaminazione su larga scala (circa 1/3 delle colture) di varietà tradizionali di mais. Ulteriore incertezza deriva dall’importazione di coltivazioni Ogm in territori diversi da quelli pre cui sono stati creati, a causa di “effetti cocktail” derivanti. È quanto sarebbe avvenuto in Francia, dove la canola, una varietà di olio di colza canadese a basso contenuto di grassi ottenuta tramite semi geneticamente modificati, ha determinato la resistenza della pianta a molteplici pesticidi.
Passaggi tra specie
Ulteriore problema riguarda il trasferimento di modifiche genetiche tra specie. Gli scienziati di TestBiotech hanno citato l’esempio dei bovini privi di corna, analizzato in uno studio del 2020, che erano stati nutriti con mangimi derivanti da piante geneticamente modificate. Solo dopo diversi anni gli scienziati hanno scoperto che in questo modo il Dna di batteri geneticamente modificati era stato introdotto involontariamente nel genoma del bovino ed ereditato dalla sua progenie. Gli esperti hanno poi identificato sequenze di Dna capaci di conferire resistenza agli antibiotici, provocando così ulteriori problemi sanitari. Sono ignoti al momento gli effetti sugli esseri umani, che pure potrebbero essere colpiti da queste trasformazioni tramite alimentazione.
Interessi concentrati
Infine si pone un problema di ripartizione economica dei benefici. “Le aziende che in realtà operano principalmente nel settore agrochimico hanno acquisito una posizione di mercato dominante brevettando le sementi e acquistando le aziende di riproduzione”, si legge nel report.
Oggi il mercato dell’agrochimica, inclusi i semi Ogm, si concentra nelle mani di appena quattro giganti : Bayer, Basf, Syngenta/Sinochem e Corteva, che detengono oltre il 60% delle vendite.
Sono le stesse aziende che oggi puntano alla liberalizzazione delle tecniche di genoma editing, potendo vantare le risorse più avanzate in materia.
Con i progressi di Stati Uniti e Cina in questo settore, la Commissione sembra preoccupata che le aziende europee restino indietro in questo campo. D’altra parte, a causa dei brevetti su queste tecniche, l’agricoltura europea diventerebbe ancora più dipendente dalle multinazionali, con una significativa riduzione delle libere sperimentazioni dei contadini. In sostanza si ridurrebbe la capacità di innovare e trovare soluzioni alternative adatte ai singoli territori e sviluppata da produttori locali.
Alterazioni genetiche profonde
Se è vero che le nuove tecniche operano sul Dna in modo diverso dagli Ogm di prima generazione, nulla esclude al momento che i problemi di cui sopra non si riproducano anche con le piante frutto di genoma editing. “Le Ngt, come ad esempio Crispr/Cas, hanno un enorme potenziale di alterazione del genoma, ma questo potenziale non si traduce facilmente in benefici reali”, ha evidenziato Then, precisando come la “profondità di intervento” sul Dna è tale che in molti casi comporta reazioni di “trade-off”, cioè degli effetti collaterali imprevisti. Tali effetti indesiderati possono emergere anche nei casi in cui l’intervento genetico sia mirato e preciso. Mentre le ricerche promosse dall’industria delle biotecnologie si concentra sulla singola pianta, i veri problemi derivano dalla somma di diversi effetti sull’ambiente, un po’ come avviene nel caso dell’inquinamento da plastica.
Analisi del rischio caso per caso
“Le applicazioni delle Ngt si accompagnano a cambiamenti genetici voluti e non voluti che difficilmente si verificano con la riproduzione convenzionale”, ha sottolineato Astrid Österreicher, policy advisor di TestBiotech. Secondo gli esperti intervenuti sarebbe prematuro parlare di “storia di utilizzo sicuro” in materia di Ngt viste le sue peculiarità. “Senza un’adeguata valutazione del rischio, le modifiche genetiche indesiderate possono rimanere inosservate nel genoma, e quindi diffondersi e accumularsi rapidamente e ampiamente nelle popolazioni”, ha avvisato Then. “I concetti di conservazione della natura e di protezione dell’ambiente si basano in gran parte sul principio di evitare interventi. Questi principi devono essere applicati anche nel campo dell’ingegneria genetica”, hanno concluso gli autori del report.
Sì agli OGM, no alla carne sintetica?
P.S.: gli OGM sono una “vecchia conoscenza” del sottoscritto, di quando lavoravo in Esselunga.
Ho sempre sentito dire : “gli OGM risolveranno il problema della fame nel mondo”.
Ma sono passati tanti anni e non solo ciò non è avvenuto ma i colossi delle sementi (Bayer- Monsanto e Syngenta (*) soprattutto) sono gli unici attori che si sono concentarti e rinforzati. E condizionano il mercato di riferimento.
(*) il colosso cinese si è sviluppato anche in Italia, dove ha cercato, invano, di comprare il produttore di sementi Verisem.In questa vicenda il governo italiano ha utilizzato il Golden Power, bloccando l’operazione.
“Questo potere speciale è stato usato con parsimonia fino a due anni fa quando ha conosciuto un boom: le notifiche nel 2022 sono state 608, con un aumento del 22 per cento rispetto all’anno precedente”.
Lo riferisce Longform di Repubblica del 2 aprile 2023 che aggiunge: “Pechino sta silenziosamente defraudando l’Italia delle sue tecnologie e delle sue aziende. Ma come sperimentato anche in altri paesi europei, tutto questo non avviene nell’ambito di normali regole di mercato”.