Due riflessioni mi attraversano la mente in questi giorni:
1) la prima riguarda noi, “figli di primo letto”, Violetta e Giuseppe e il nostro ruolo in Esselunga.
Per introdurre il discorso prendo una storia descritta in un fumetto.
Nella bande dessinèe francese Lucky Luke, un successo mondiale, il cowboy protagonista è confrontato a un padre comandante del 20° cavalleria che punisce sempre il figlio soldato, che serve nel reggimento sotto di lui.
Lo punisce perchè si sente colpevole del fatto che gli altri soldati possano pensare che lui lo favorisca.
Alla fine il figlio si ribella alle continue punizioni e il padre lo ammira perchè ha capito che il figlio è diventato uomo.
Nel nostro caso il padre non solo non ammira i figli, Violetta e Giuseppe, divenuti adulti da un pezzo, ma non perde occasioni per parlarne male. Tant’è, che anche nella nostra comparsa conclusionale deposta in Corte d’Appello abbiamo dovuto mettere una sezione che espone quel che abbiamo fatto in tanti anni in azienda: dalla Fidaty, all’e-commerce, al biologico, alla centrale di acquisti ESD Italia, alle montagne di contributi ricevuti dai fornitori, ai superstore… E chi più ne ha più ne metta.
Si tratta di fatti che si possono accertare, nel mio caso, andando a vedere cariche, anni di permanenza aziendale e parlando con le migliaia di persone (collaboratori e fornitori) che mi hanno conosciuto
Oppure semplicemente di leggere Esselunga Wikipedia
Nella realtà abbiamo fatto molto di più di quanto venga descritto su questo sito o negli articoli di giornale: abbiamo dato la nostra impronta, forte e decisiva, all’azienda.
tanto per fare un esempio, la campagna con il rapanello l’ha fatta Violetta e questa sopra l’ho fatta io con l’agenzia Armando Testa
Infatti ogni tanto ripensando a quanto abbiano fatto i figli di un Dio minore (Violetta e Giuseppe) sono decisamente stupito.
Sono rimasto di stucco anche ricalcolando tutte le cifre di “Perchè io valgo?”.
Anche perchè il clima in Esselunga non era particolarmente favorevole: c’era sempre qualcosa che non andava bene in quel che facevamo e c’era sempre qualcuno che era “più importante” di noi.
Tutto questo nostro fare è stato inversamente proporzionale alla quantità di pure invenzioni e di insulti che ho sentito sul mio conto.
Per citare solo le invettive più pesanti siamo passati dal capobanda (v. anche L’Espresso del 4 giugno 2013)
alla Gang
Per poi passare, nel 2012, alla novella Concordia (Esselunga), che – ovviamente- sarebbe finita sugli scogli (“un disastro senza pari”), casomai io fossi tornato a gestirla
Ma per fortuna chi mi conosce sa bene che non sono nè Al Capone nè il comandante Schettino…
2) leggo su siti vari che avremmo voluto nascondere quanto ricevuto- emolumenti/dividendi – negli anni.
Al di là del fatto che questi numeri non mi tornano
non abbiamo voluto nascondere un bel niente.
Se si è azionisti e manager e si fanno molte cose si dovrebbero ricevere somme proporzionate a quel che si fa (v. l’esempio sotto).
Tra l’altro sono somme che non abbiamo deciso noi
E sorge spontanea la domanda:
se valevamo così poco, come viene detto di continuo, perchè siamo stati “coperti d’oro”?
Perchè dare le azioni della holding che controlla Esselunga (*), seppur fiduciariamente, a due buoni a nulla?
Qualcosa stona tra quel che si dice adesso e le valutazioni fatte a suo tempo, quando eravamo in azienda.
(*) fino al 2005 i tre figli, Giuseppe, Violetta e Marina Caprotti, hanno avuto il 100% delle azioni
E alla fine non so chi possa essere ingrato verso chi…
“Un Beneficato [è] spesso invidioso del suo Benefattore, [tanto da] dimenticare il beneficio ricevuto e prendere le distanze dall’origine del bene, grazie al quale ha potuto realizzarsi o riprendersi o salvarsi, [e quindi] può stravolgere gli effetti del beneficio ricevuto, diluendoli o, perfino, negandone le qualità. Al punto da considerare il beneficio nullo, umiliante, non necessario e niente affatto salvifico e arrivare a credere di essere stato capace, da solo, di mettere in atto quel beneficio che, invece, ha ricevuto da altri. E dunque, in realtà, di non aver ricevuto contributo alcuno e di essere stato il salvatore e il Benefattore di se stesso. Questi argomenti possono far sentire meno o cancellare il bruciore insopportabile dell’invidia” (pag. 61- 62).
“La vera soddisfazione del Beneficato traditore è vedere la sconfitta dell’altro proprio quando l’altro si aspetta da lui una gratitudine che verrà delusa, anzi tradita” (pag. 73).
prima stesura del 10 febbraio 2014
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